Ogni Vinitaly è sempre uguale. O forse no. Ogni edizione porta con sé tematiche diverse, testimoni del tempo, delle circostanze, del momento. Il vino è protagonista dei consumi e i numeri rivelati dall‘indagine Mercato Italia, gli Italiani e il vino realizzata da Vinitaly con l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor  sono espliciti: l’88% degli Italiani ha consumato vino nell’ultimo anno. A fronte di una riduzione dei volumi del 26% rispetto a vent’anni fa i consumatori sono comunque aumentati: bere meno, bere meglio, bere tutti. 

Il nostro Vinitaly

Ben sapendo che il vortice dell’esposizione internazionale del vino e dei distillati può risucchiare ogni cosa e persino accelerare il tempo, quest’anno Gabriele e io abbiamo approntato un piano dettagliato, certosino, infallibile come quelli ideati da Wile E. Coyote. Nei tre post Road to Vinitaly vi abbiamo indicato un buon numero di stand da visitare, piano al quale ci siamo attenuti anche noi, per un buon 80%.

Prima di svelarvi in sintesi ciò che abbiamo visto e degustato, faccio una piccola premessa generale sul Vinitaly 2019. È stata una bella edizione, la più grande di sempre: 4.600 espositori, da 35 nazioni su centomila metri quadrati netti espositivi.  Al netto delle code all’ingresso al mattino, Veronafiere ha ben gestito l’afflusso che – a dire il vero – ci è sembrato leggermente meno intenso dell’anno scorso. Le problematiche che l’esposizione si porta dietro da anni non sono state del tutto risolte ma sono stati fatti dei passi avanti. In tema di mobilità, per esempio, molti produttori che alloggiavano in centro hanno fatto largo uso delle biciclette per spostarsi: la strada è quella giusta. Registriamo, parallelamente, il ricorso a eventi off, satellite del Vinitaly: spazi extra fieristici più o meno formali  dove invitare i buyer, gli importatori e i clienti. Cantine ma anche distributori importanti che hanno deciso di non essere presenti in fiera ma di sfruttarne il richiamo: un segnale che deve essere tenuto in debita considerazione. Non si sono viste, infine, scene sconvenienti a una fiera business oriented, come i trenini di ragazzi brilli: era ora. 

Nel mondo del vino tutti danno premi: guide e associazioni distribuiscono con generosità viti, tastevin, faccine, bicchieri, stelline e così via. Ci siamo detti: anche noi in occasione del Vinitaly vogliamo dare i nostri premi. Vogliamo raccontare il nostro Vinitaly nel Vinitaly. Ed eccoli, rigorosamente in ordine sparso.

Premio PADIGLIONE

I padiglioni al Vinitaly non sono tutti uguali, dentro e fuori. Tra quelli che esternamente ci sono piaciuti di più citiamo la Campania e la Sicilia. Ma quello che ci ha colpito in maniera particolare è quello della Sardegna: per tema, colori e per il claim. Isola inebriante è davvero qualcosa che rimane impresso.

Premio VINO SPUMANTE

Da un territorio speciale e un’uva speciale. Da una lavorazione amorevole e metodica, che spumante poteva essere Tempesta di Santa Maria La Nave? Grecanico dorato a oltre mille metri, sul versante nord occidentale etneo, tra lave millenarie e boschi incontaminati. Super luminoso, effervescenza ipnotica e interminabile. Profumato di mela verde, nocciola, crema di cedro, sbuffi di miele di zagara. Sorso morbido e raffinato, sposato da una effervescenza cremosa. Finale interminabile. Applausi.

Premio VINO BIANCO

Alzi la mano chi conosce il nuragus di Cagliari. Io per primo, faccio mea culpa, lo conosco pochissimo e sapevo solo che il nome potrebbe derivare dal fatto che la forma del grappolo ricorda quella dei nuraghi. Abbiamo provato quello di Antonella Corda, annata 2018: luminoso, di buona precisione olfattiva, decisamente complesso, ha un sorso scattante, un’anima incontrastabilmente mediterranea e un allungo sapido da re dei vini bianchi giovani. 

Premio VINO ROSATO

Da un po’ di tempo a questa parte i vini rosati italiani si tanno mettendo in evidenza: parafrasando un vecchio film con Jack Nicholson, qualcosa è  cambiato. Aldilà della considerazione generale, Andrea Occhipinti è un vignaiolo che non ha bisogno di modificare nulla, è apprezzato così com’è. Passando a trovarlo abbiamo riprovato con piacere tutti i vini in degustazione, riscontrando lo stile che caratterizza la sua produzione. Ci ha colpito Alea Rosa 2018, aleatico in purezza: un’espressione senza compromessi, declinata in un colore vivo, in profumi precisi, scanditi e riconoscibili, intrisi di mineralità vulcanica e in un sorso godibile, fresco e appagante. 

Premio VINO ROSSO

Per il premio vino rosso al Vinitaly non ci sono dubbi. Rullo di tamburi. Vince a mani basse Appianum 2017 di Spiriti Ebbri. Squilli di tromba! Ci eravamo recati al loro stand per provare il pluripremiato Neostòs bianco, gran bel vino, intendiamoci. Ma la sorpresa è stata Appianum: il nome deriva dalla denominazione latina di Lappano, il Comune calabrese dove insistono i vigneti. Blend di greco nero, magliocco canino e gaglioppo più altri vitigni autoctoni, tutti provenienti da un vigneto di età media di circa trenta anni. Menzione speciale per l’etichetta, un I Ching formato dalle prime tre linee discontinue e le ultime tre continue: l’esagramma è quello della pace, l’unione del cielo alla terra, dove le forze sono armoniche e la terra è fertile, ma al tempo stesso è indispensabile l’intervento dell’uomo al momento giusto per ottenere dei buoni frutti.

Premio DEGUSTAZIONE GUIDATA

Per questa edizione del Vinitaly Gabriele ed io abbiamo scelto di fare qualche degustazione guidata in più. Lunedì abbiamo partecipato alla masterclass Sangue e menta: Colli Berici
ed Euganei tra note ematiche e note ferrose, condotta da Gianpaolo Giacobbo. Una traversata istruttiva, con tre vini rossi dell’area berica e tre vini della DOC Colli Euganei. Una degustazione dall’alto livello qualitativo, dove si sono distinti il merlot Casara Roveri di Dal Maso e il cabernet Cicogna 2008 di Cavazza. 

Premio GIOVANE CANTINA

Tutte le manifestazioni che si rispettano hanno un premio destinato a un giovane produttore: abbiamo individuato in Daniele Dabbene l’uomo – e la cantina – da premiare per questa categoria. La cantina è a Santa Vittoria d’Alba, aldilà del confine naturale del Tanaro, in una zona che qualche avventato definirebbe meno nobile rispetto  alle Langhe. E invece no: la produzione roerina ha certamente caratteristiche diverse ma dà risultati eccezionali, specie per vini da arneis e barbera. Quelli di Daniele seppur giovani di annata e concezione hanno già un linguaggio  distinto e piacevole. Da seguire.

Premio VERTICALE

Tante le verticali, quest’anno al Vinitaly. Molti produttori hanno compreso il meccanismo per cui più è ampia nel tempo la gamma di vini presentati in esposizione e maggiore è la possibilità di presentarlo fedelmente. Tenuta Mazzolino ci ha invitato a degustare Noir di cinque annate differenti, dalla 1995 alla 2015. Un pinot nero di Oltrepò che ambisce a elevarsi e ci riesce benissimo, specie nelle annate più vecchie. 

Premio VINO WOW

Un premio speciale lo vogliamo assegnare a Farnè VIII di Tenuta La Riva: ci ha fatto esclamare wow! Millesimo 2014, trebbiano al 100%, ben quarantadue mesi sui lieviti. Zona di produzione? Castello di Serravalle, nel Bolognese.  Un vino che non ti aspetti, dalla finezza insospettabile. Non scimmiotta gli spumanti più blasonati ma è semplicemente se stesso, con la sua complessità, l’estrema sapidità, l’immensa bevibilità. #segnatevelo.

Premio FACCIA TOSTA

L’ultimo riconoscimento in questo Vinitaly in realtà va a uno sconosciuto. Di lui sappiamo che guida una macchina con targa ceca, che probabilmente era in fiera, che ama il vino e… la bella vita. 92 minuti di applausi!