Quando ci siamo ritrovati a fine gennaio a programmare la nostra presenza agli eventi di aprile, non abbiamo esitato. Non c’è stato bisogno di parlare. Vinnatur avrebbe avuto una priorità. Chi ci è già stato capirà bene il perché, a chi non ha avuto occasione di entrare a Villa Favorita dico: l’anno prossimo ritagliatevi un po’ di spazio e andateci, non ve ne pentirete.



Location, ambiente, organizzazione: certo. Qualità dei vini in degustazione: certissimo! Anche se quest’anno la qualità media ha avuto, nei nostri assaggi, un andamento piuttosto ondivago.

I vini bianchi ci hanno dato ottime risposte, specie quelli oltreconfine. I vini rossi invece ci hanno lasciato generalmente un po’ perplessi: profumi poco nitidi, identità varietale ignorata, piatta uniformità gustativa con le dovute eccezioni, alcune delle quali riportate in questo post. Colpa delle annate in degustazione?

La filosofia dell’evento è nota. Partecipano solo produttori del circuito Vinnatur, che accettano le rigide regole associative in termini di pratiche di vigna e di cantina. La natura prima di tutto.

Ecco cosa abbiamo provato, segnatevi i nostri consigli:

Laherte Brut nature: da vini di riserva da terreni argilloso calcarei. Non dosato. Naso intrigante di quelli che stai ad annusare ripetutamente per far venire fuori qualcosa. Detta così suona forse male ma vi assicuriamo che sa di gorgonzola al limone e il cannoncino, quello dolce. Sorso pieno, secco di grande affabilità e chiude freschissimo con note agrumate.

La Morella I tre venti 2013: il timorasso ci piace. Sarà che davvero ci ricorda i riesling della Mosella di cui siamo innamorati. In risposta a un naso non nitidissimo è ben equilibrato in acidità e morbidezza glicerica ma con i suoi 14.8%, l’apporto alcolico è deciso e importante. Esuberante.

Lamoresca Vino bianco. Poche indicazioni in etichetta necessitano di un approfondimento e di una riflessione attenta. Dunque: la Sicilia al naso c’è.
Mandarino, arancia e limone. In pratica una spremuta di agrumi aromatizzata al timo. Bocca fresca bilanciata in alcol. Su pesce al forno, semplice e senza troppi condimenti, andrà alla grande.

Tenuta Terraviva Mario’s 41 Trebbiano d’Abruzzo: il profilo olfattivo all’inizio non è pulitissimo ma si stabilizza con un minimo di giri nel bicchiere, in seguito ai quali emergono la nota minerale, una nota floreale bianca e di pesca gialla macerata.
Bella la bocca con una giusta spalla acida che amplia i sentori di cannella. Sapido sul finale con un ultimo guizzo floreale fresco. Interessante.
Chateau Pascaud Sauvignon: che scoperta! Impatto aromatico forte di litchi. Croccante quasi masticabile, e pesca bianca. E non è finita perché il naso nitido cristallino si concede a un tratto balsamico di lavanda.
Una fresca giornata di primavera che fa salivare senza nemmeno averlo provato. Va giù che da berne a litri. Fresco, sapido, equilibrato, potente e diretto ma mai esagerato. Grande corrispondenza al palato. Un concentrato di frutti e frescura. Grandissimo.

Il passaggio ai rossi è difficile. Forse i nostri gusti si sono evoluti, forse la congiunzione astrale sarà stata sfavorevole, ma un sorso di rosso pulito e nitido non l’abbiamo trovato facilmente. Questo chiaramente non vuol dire che i rossi naturali non sono puliti e/o interessanti e/o buoni. No. L’anno scorso, forse, siamo solo stati più fortunati. 

Per trovare un rosso come si deve viriamo su Pialli con il suo Barbarano 2012, tai rosso. Al naso è nitido. In sequenza veloce. Mora, ciliegia, cannella. Bello e disponibile. Bocca: bevibilità ottima, linearità verticale, cacao amaro, china, susina. Lungo ed affabile. Per concludere: ottimo.

Etnella Kaos 2014: Etna rosso tipico da vigne a 800 metri, tre diverse vendemmie. Anticipata, normale e con uve in surmaturazione. Un anno di affinamento in botti castagno di 5000 litri. Bella bocca con l’acidità ed il lungo tannino del nerello. Gusto perfetto per il pane con salame, e non solo.

Sapevate che Sting produce vino, vero? Anche noi ma non è il primo nome che ci viene in mente se dobbiamo pensare a un Chianti. Lo proviamo, questo Chianti Classico Riserva Il palagio.

Figlio di Greve ha i caratteri del sangiovese della zona. Salamoia, prugna, tratto balsamico ma sopratutto tannino rotondo ma graffiante. Il riserva chiaramente è giovanotto per via del legno che si avverte un po’ sul finale.

Pian del pino Jubilus 2006: naso di humus, terra bagnata, un velo balsamico da pineta e poi il tratto tipico, salmastro del sangiovese in certe annate. L’annata vecchia si sente al sorso pieno e dal tannino integrato ma ben presente soprattutto al secondo assaggio. Carnoso e anche di buona bevibilità.

I post degli eventi si concludono quasi sempre con l’auspicio di ripetere l’esperienza l’anno successivo. Questo post, no. Semplicemente perché a Vinnatur l’anno prossimo ci saremo di sicuro!