Il Live Wine è bello perché finalmente Milano da due anni ha una rassegna (quasi) all’altezza del prestigio meneghino.
Il Live Wine è popolare perché mette in diretto contatto gli artigiani del vino con la gente, neofiti ed esperti.
Il Live Wine è salutare per le coppie con prole perché l’area bimbi dimostra che ogni tanto c’è vita oltre la paternità/maternità.
Il Live Wine è calmierato perché si può acquistare direttamente dal produttore, con buona pace dei vari intermediari.
Il Live Wine è piccolo perché il Palazzo del Ghiaccio è una bomboniera che ha accolto alla perfezione la tre giorni della rassegna. Il successo in crescendo di queste due edizioni, e i momenti di congestione verificatisi il primo giorno, dovrebbero ad ogni modo far riflettere l’organizzazione su una eventuale location più grande in futuro.
Il Live Wine è grande perché tutta la macchina organizzativa è stata impeccabile, dalla pubblicità per strada e sui social al marketing, dai vignaioli presenti agli eventi tenutisi dentro e fuori il Palazzo del Ghiaccio.
Ma se nel calcio conta solo il risultato, qui ciò che conta è il meglio di quello che abbiamo bevuto, ovvero:
Azienda Agricola Vinica:
Noi di Appunti di Degustazione badiamo molto all’essenziale. Un’azienda che vinifica con lieviti indigeni e non fa uso di legno attira senza dubbio la nostra attenzione. Perché il vino prodotto sarà IL vino: potrà anche non piacere, addirittura avere qualche lieve difetto stilistico ma si farà preferire per la genuinità e l’essenzialità.
È il caso della Tintilia Lame del Sorbo 2012, in quel di Ripalimosani, poco a nord di Campobasso: non può esserci più tintilia di così, spiazzante al naso per gli aromi di fiori boschivi freschissimi, appena recisi, lampi di spezie esotiche, a tratti orientali. Il frutto c’è, certo, ma non predomina la scena olfattiva.
Ed il palato non è meno sorprendente, in linea con quanto il naso sussurrava, ma capace di aggiungere corpo e dinamica freschezza, tannino setoso e finale ammandorlato.
Semus fìgios de su bentu, dicono orgogliosi a Deperu Holler, azienda incastonata tra i Comuni di Bortigiadas e di Perfugas, tra la Gallura e l’Anglona.
Uso “incastonata” non a caso: solo un gioiello, una gemma può essere circondata dal mare e dal lago Coghinas, tra colline calcaree, sfiorata dai venti del mar Tirreno. Luoghi non luoghi, al limite del misticismo, ideali per la coltivazione della vite.
Qui nasce Prama Dorada, a maggioranza vermentino a cui Carlo Deperu piace aggiungere una spruzzata di nasco ed una di arvisionadu. Al classico spartito di fiori e frutti a polpa bianca, il calice sprigiona scintille di fieno e iodio.
Il sorso si dilunga su note sapide, rinforzate dalla struttura fiera e tipica isolana. Compagno di viaggio nella cucina a base di pesce sarda, può prestarsi con ottimi risultati anche ad aperitivi estivi vista mare.
Le cose fatte con cognizione quasi sempre riescono bene, sono figlie di studi e sperimentazioni, ma anche di intuizioni che nascono dal lavoro e l’applicazione.
È il caso della romagnola VigneNuove. Il loro Bergianti bianco è un pignoletto assolutamente sui generis e godibile perché alle note pungenti e vegetali tipiche del vitigno coniuga una opposta e piacevole sponda dolce, mela ambrosia in primis, figlia dell’affinamento in botti di acacia. #segnatevelo.
…e poi arriva il vino che non t’aspetti (ma ci speri). Un rosato in anfora da molinara in purezza… mah… poi lo avvicini al naso e sgrani gli occhi, lo assaggi e resti di stucco! Agahte 2015 È un mazzo di tulipani dopo la pioggia, di una potenza olfattiva inusuale per un rosato. La corrispondenza gusto olfattiva è impeccabile, l’anfora sembra quasi aver cristallizzato se non addirittura fortificato i profumi rilasciati dalle bucce. Mi hanno detto che questo campione da anfora è un esperimento, per me è un campione e basta e l’esperimento è perfettamente riuscito.
Daniele Ricci è un funambolo del Timorasso, l’assaggio dei suoi bianchi ci ha fatto passare da vigne vecchie a un bianco ancora in fasce, dalle scisti tortoniane alle note idrocarburiche e le botti di acacia siciliane, attraversando a ritroso una quindicina di annate. Il tutto spiegato con competenza e semplicità disarmanti e il sorriso sempre presente. I suoi sorprendenti vini sono un vero e proprio viaggio nel mondo del Timorasso. Straconsigliato, senza se e senza ma.
Qualche pillola in chiusura:
Il freschissimo Grillo di Aldo Viola. Tanto sale, cappero e banana: il Mediterraneo nel calice.
Malvasia delle Lipari di Fenech: acidità da vino secco e dolcezza contenuta. Un passito da bere a secchiate.
Sauternes 1999 di Pascaud Villefranche. Per bere un vino dolce francese del secolo scorso non sempre c’è bisogno di vendere un rene. Ha ancora tanti anni davanti a sé.
I riesling 2013 e 1995 di Molitor Rosenkreuz. Beveteli alla cieca e provate a indovinare il più giovane: figuremmè garantita al 50%. Immortali.