Premessa: ho amato il Chianti come solo un neofita incosciente può fare, preferendolo ad altri vini per molto, molto tempo. Non sono pentito: l’amore che abbiamo dato ci tornerà indietro, una sorta di karma applicabile anche al calice. E se l’amore è salvifico per la nostra condizione spirituale, aver bevuto e apprezzato Chianti per anni forse era un passo necessario per apprezzare, oggi, vini un po’ diversi.

Non che il Chianti sia un vinaccio, intendiamoci: anzi. La nemesi della denominazione – anzi delle denominazioni – tuttavia, sta nella sua stessa fortuna. Tanta fortuna che si dovette pensare a tutelare la zona geograficamente più vocata, con la nascita del Consorzio e della più restrittiva area denominata Chianti Classico.
Il brand è celebre in tutto il mondo, veicolato nell’immaginario collettivo globale anche dal noto fiaschetto: voler raggiungere i quattro angoli del pianeta, però, non ha giovato al Chianti il quale si è calato nelle vesti dell’easy drinking sputtanandosi un po’. Dopotutto bisogna(va) fare una scelta: prodotto elitario o vino per tutti.

In casa del Gallo Nero si è cercato di porre rimedio con la modifica del disciplinare che dal gennaio 2013 prevede l’istituzione della nuova tipologia Gran Riserva, destinata a rappresentare il vertice qualitativo. È ancora presto dare giudizi su questa formula, ma già più di qualche critica è stata sollevata.
Isole e Olena è un’azienda che deve il nome a due fattorie nel cuore del Chianti e lega le proprie fortune soprattutto al Cepparello, sangiovese in purezza di classe cristallina. Ho provato, invece, il Chianti Classico 2012, blend di sangiovese, canaiolo e syrah. L’annata da un punto di vista climatico non è stata tra le migliori, caratterizzata da un lungo periodo senza piogge.
Rubino molto luminoso, danza nel calice con armonia. La carezza olfattiva è nitidissima e diretta: violetta e rabarbaro, su tutti, senza se e senza ma. In seguito si possono cogliere sbuffi di tabacco e note erbacee, ben integrate.  
Se lo spartito olfattivo non eccede in utili sofismi, la bocca non è da meno: si nota immediatamente la corrispondenza con quanto sentito al naso. Il nerbo tannico è  vigoroso, ma non mi sento di penalizzarlo per questo: è ancora un giovane virgulto e queste espressioni di energia vanno comprese, tanto più che la stoffa è del campione. Croccante e materico quanto basta, è sostenuto da viva acidità che lo rendono instancabile. 
Una bottiglia di questo Chianti, amici miei, può finire in un batter d’occhio o – se preferite – in un batter di calici.
Salute!