E’ nuovamente tempo di primavera a Milano. Un rinnovamento annuale che personalmente mi porta a trascorrere più tempo fuori che a casa. Almeno fuori da casa mia.
E infatti oggi vi racconto l’ultima serata a Viniacasamia dove non perdo mai l’occasione di passare a salutare Marco e dare il mio piccolo contributo personale.
Parliamo di Calabria e in particolare di Tenute Pacelli.
Laura e Carla

L’azienda consta di oltre 20 ettari, di cui 10 vitati, dove trovano spazio altre colture come ciliegi e ulivi. Fra Tirreno e Pollino, su terreni con grande escursione termica a circa 400 metri di altitudine, Francesco Pacelli ha riqualificato l’azienda nel corso degli ultimi 15 anni con il credo di produrre vino di qualità senza uso di concimi chimici, prediligendo un approccio “naturale”.

Insieme a noi Laura e Carla Pacelli presentano una lineup ricca di sorprese e molto eterogenea.
Partiamo con il Barone Bianco 2013.
Riesling italico… sì sì proprio riesling italico. Calabrese.
Ardito come progetto ma le valutazione dell’enologo riguardo alla vocazione del suolo sono state positive.
Il naso sviluppa intensi e gradevoli profumi, quelli del sud profondo, caldi e avvolgenti, di frutta gialla matura, esotica, e tratti sulfurei (che sia frutto di una lieve macerazione sulle bucce?).
Molto bella la sapidità del sorso e sostenuta da un potente alcol. Fa molto “focosità calabrese”.
Lo servirei ancora più fresco per stemperare un po’ questa irruenza ma anche così conserva una buona bevibilità
Il secondo bianco ha il medesimo nome ma è blend di chardonnay e malvasia, non più in produzione, vintage 2009. Le ultime due bottiglie le abbiamo fatte fuori noi.
Al naso la mano è evidente ma lo è anche il terroir. Sebbene parliamo di uve diverse ritrovo molti sentori del precedente vino con in più note di frutta secca come mandorla e nocciola.
Morbido e smussato è comunque ancora guizzante, non tanto per la freschezza in sé, ma per la netta sensazione tattile che pizzica le papille e mi aggrada.
E’ il momento dei rossi e partiamo forte con il Terra Rossa 2012, uvaggio di magliocco, calabrese e merlot.
E’ la speziatura che colpisce d’impatto, soprattutto perché non è data dal legno, per poi virare su frutti rossi maturi. Nonostante il blend il Terra Rossa è un vino semplice e diretto con tre anime difformi che, devo essere sincero, si integrano e si fondono piuttosto bene. Mi lascia un buon ricordo in bocca e capisco anche il perché: Laura mi racconta di vecchie viti oltre 40 anni, il cuore della tenuta…
Proseguiamo il nostro viaggio con il Temeso 2012, blend 70-30 di magliocco e calabrese.
Questo è un vino forte sotto tutti i punti di vista. Il naso è ricco e comunicativo su caffè, frutta matura e spezie di pepe e chiodi di garofano. 
Al palato è accecante, ti manda in corto circuito per questa forza generale quasi dosata per sostenere un tannino importante seppur addomesticato dall’affinamento in legno che per dirla tutta, si avverte un pizzico oltre il mio livello di guardia. Ma, appunto, anche il resto si fa sentire pertanto mi appaga e mi appagherebbe meglio su un cinghiale (anche non intero) alla brace.
Non ultimo mi dedico al Pauciuri, blend di barbera (!) e cabernet. 
Qui siamo proprio fuori dal coro e, devo essere sincero, credo debba crescere ancora, soprattutto in finezza per eguagliare i suoi fratelli.
Porto a casa una serata interessante alla scoperta di un territorio che seppur sgomitando sta crescendo, fa parlare di sé e può dar molto anche fuori dai soliti canoni.
In questi vini esiste un filo conduttore tra l’altro. E’ evidente e attraversa sia bianchi che rossi ma ciò non sempre è una caratteristica positiva; bisogna fare attenzione.
I vini sono apprezzabili, d’accordo, e anche “spiritosi” perché in generale è la bevibilità che comanda, e questo è un bene.
Siamo però in una situazione di crescita dove il potenziale vero deve ancora esprimersi al meglio, secondo me; la strada è quella giusta e il passo per un ulteriore salto di qualità è dietro l’angolo.