C’era molta attesa, persino troppa. Nell’ambiente AIS, almeno a Milano, ne parlavano tutti e le poche notizie che circolavano incrementavano ulteriormente l’interesse per la nuova guida, quella che è stata definita “la nostra guida, la guida dei sommelier AIS“, sottolineando la discontinuità con il recente passato. Gli stessi sommelier convocati per il servizio in sala conoscevano pochissimi dettagli sull’evento e quelli che sapevano non avrebbero parlato neanche se fossero stati torturati con l’olio bollente. 


Lunedì scorso alle due in punto, eravamo quindi al nostro posto pronti ad entrare al Magna Pars Event Space, assetati di vino e di sapere, perché – diciamocelo – eravamo curiosi come gatti davanti a una scatola semichiusa: nessuno aveva visto la guida fisicamente ed in pochissimi sapevano quale sarebbe stato il nuovo simbolo utilizzato per indicare le eccellenze, dovendo di certo abbandonare i Grappoli degli anni passati. Sapevamo però che sarebbero stato possibile degustare i quattrocento vini premiati con il punteggio massimo. 

Insomma, c’erano tutti gli ingredienti per aspettarsi una grande affluenza di pubblico, e così è stato. Diciamo subito che la guida conta più di duemila pagine per diecimila vini recensiti sui ventottomila degustati: graficamente ricorda molto le edizioni degli anni precedenti e non è affatto un male, considerando che il modello Bibenda godeva del favore dei lettori. Non vediamo l’ora di riceverla, ammesso che qualche “assetato di cultura” più di me non se ne impadronisca nel tragitto postale verso casa, cosa che è accaduta spesso negli anni passati (a proposito: non c’è proprio modo di poterla ritirare in sede, evitando la roulette della consegna a domicilio?).   
Il simbolo scelto per indicare la classificazione qualitativa è la vite, la stessa utilizzata per rendere la “t” del nome della guida, da uno a quattro. Non deve essere stato facile trovare qualcosa di immediatamente associabile e graficamente accattivante: grappoli, bicchieri, chiocciole e faccine erano già in uso altrove e l’art director deve averci pensato un po’ prima di esclamare “Eureka!” e disegnare, appunto, la vite. Ma non è finita: si sono premiati con un tastevin, venticinque in tutto, i “vini che hanno contribuito a imprimere una svolta produttiva al territorio di origine, che rappresentano modelli di riferimento di indiscusso valore nella rispettiva zona, o che hanno strappato all’oblio e riportato all’attenzione del settore vitigni dimenticati”. Perfetto.
La lista completa dei quattrocento vini premiati si trova facilmente (ecco, per esempio quella fornita da Intravino). A noi non resta che fare una panoramica su alcune cose che abbiamo bevuto, sperando – come si dice in questi casi – di farvi cosa gradita: non era possibile bere tutto e nemmeno bere tutto ciò che sapevamo potesse piacerci. Ne è venuto fuori un pomeriggio di assaggi random, ma forse è stato più bello così.

Trebbiano d’Abruzzo 2010Valentini: un cavallo di razza, incapace di deludere. Vibrante e assoluto. Tratti olfattivi nitidi e decisi di pesca gialla, funghi secchi e pane, su una fine di camomilla e miele. Il gusto è altrettanto deciso, scattante e instancabile, sorretto da approccio minerale e fiera acidità.
Malvasia di Bosa Riserva 2010 – Giovanni Battista Columbu: uno degli assaggi in assoluto più buoni dell’evento. Straordinario nell’impatto olfattivo intenso e variegato, con tratti piacevolmente ossidati, sferzati da note di miele e frutta secca. L’ingresso in bocca è sorprendente, sia per corrispondenza gusto olfattiva, sia per equilibrio. Il finale è infinito.




Solaia 2011 e Tignanello 2011 Marchesi Antinori: il Solaia esordisce al naso con note calde e fruttate, manifestando una certa golosità. In bocca è certamente avvolgente e la freschezza ben sostiene la struttura importante. Il Tignanello lo cercavamo con curiosità e non ci ha deluso. Naso scuro di prugne, liquirizia, pepe nero e sottobosco. Al gusto si conferma equilibrato, dal tannino centrato, sapido e vigoroso. Persino esuberante, sarà perfetto tra un anno o due.

Marsala Superiore Vigna La Miccia e Passito di Pantelleria Bukkuram Sole d’agosto – Marco De Bartoli: probabilmente su Marco De Bartoli ed i suoi vini, mirabilmente prodotti dai figli nonostante egli non sia più tra noi, si è detto tutto il bene possibile. Nel Bukkuram Sole d’agosto si può trovare la luce del sole pantese, gli aromi della brezza marina e della frutta matura, l’anima divisa tra vena salmastra e dolcezza passita, in perenne alternarsi. E nel Marsala Vigna la Miccia tradizione ed innovazione sono legati, fuse in un vino intimo, profondamente meditativo ed estremamente dinamico, ideato per esaltare la componente fresca e fruttata del grillo senza perdere l’intensità ed il fascino che solo i grandi Marsala possono dare.       

Brunello di Montalcino Vigna Soccorso 2008 RiservaTiezzi: una vera sorpresa. Nato da viti coltivate ad alberello, questo Brunello coniuga il profilo olfattivo classico con un sorso agile ed elegante. Alle classiche note di frutti rossi e spezie, segue un profilo gustativo dettagliato, dove l’alcol recita benissimo il proprio ruolo, unitamente alle altre morbidezze. Di contro, l’equilibrio è garantito da acidità ancora indiscutibile e tannini maturi. Uno stile pulito e riconoscibile, lontano dall’uniformazione.

Cavariola 2010Bruno Verdi: Oltrepo pavese alla riscossa. Un vino che è già entrato nella hall of fame delle eccellenze nazionali: Paolo Verdi ha raccolto il testimone dal padre Bruno, apportando un contributo decisivo ai risultati di una azienda a conduzione familiare, già alla settima generazione. Il Cavariola è un blend di croatina, barbera, uva rara e ughetta di Canneto e ciascuna di queste varietà interpreta a perfezione il proprio ruolo, conferendo al vino le peculiarità migliori, fino a ottenere un vino intenso e speziato, strutturato ed elegante, morbido e vigoroso. L’assaggio del 2010 mostra ancora qualche asperità giovanile, ma ci sono tutti i presupposti per prevedere un gran bel futuro per questo vino di personalità.

San Leonardo 2008Tenuta San Leonardo: il claim della Tenuta recita “La terra è l’anima del nostro mestiere“. E in questo vino in effetti terra e mestiere vino sono amalgamati, e restituiscono naso complesso ed aristocratico, sbuffi balsamici e fantasia di piccoli frutti rossi. Il gusto è caldo e flautato, del tutto armonico, con trama tannica fitta ed integrata, ben scandita e pulita e dal finale incessante.  

Kupra 2011Oasi degli Angeli: un fuoriclasse. Un concentrato di potenza e stile, energia ed eleganza, complessità ed originalità per questo monovitigno da uva bordò, risultata essere strettamente imparentata con la grenache. Un vino che sa cambiare volto nel calice, in grado di mutare profilo olfattivo nel breve volgere di pochi giri di calice: l’iniziale frutta rossa spiritata lascia spazio a note mentolate, intrise di macchia mediterranea, chinotto e traccia ematica. In bocca non è meno dinamico: progressione perfetta di tannino e acidità, su uno spartito goloso e affascinante. Il finale è emozionante, lungo e variegato. Un vino di potenza che non eccede nemmeno per un secondo.  

Cabernet Sauvignon La Vota 2012Cantine Barbera: di certo Marilena Barbera sarà rimasta un po’ spiazzata, sapendo che, sì, uno dei suoi vini era stato premiato con le Quattro Viti ma che non si trattava di un autoctono bensì del Cabernet Sauvignon. Anche il vino è spiazzante, animato da doppia personalità, isolana e internazionale: alla cieca ingannerebbe più di qualche degustatore. La Vota è ottenuto da vigneti coltivati trenta anni fa nell’alveo del Belice, in un’ansa che una volta all’anno viene invasa dall’acqua del fiume; il terreno sabbioso ed i sedimenti concorrono al carattere di un vino poco estroverso e tutto da scoprire, caratterizzato da olfatto di gelsi e amarene, spezie e grafite; gusto croccante, tridimensionale, agile e goloso. In bocca si dispone con ordine e si lascia capire pian piano, regalando tocchi di freschezza in una trama tannica fitta ed omogenea. Un vino diverso, dall’inizio alla fine.  
Turriga 2010Argiolas: ancora tanto giovane ma già molto molto buono il prodotto di punta di Argiolas, blend di vitigni autoctoni a maggioranza cannonau. Profumo intenso e speziato, innervato da tocchi boisé e balsamici. Sorseggiando si percepisce il frutto maturo, nitido ed integro, magnificamente diffuso avvolge il palato. Il tannino mai si discosta dallo spartito complessivo di un vino potente e fiero, lungo e meditativo.

Es 2012Gianfranco Fino: non avevamo ancora mai provato il pluripremiato Es, primitivo di Manduria da viti sessantenni. Si veste di rosso impenetrabile e già il primo impatto visivo fa comprendere cosa stiamo per bere. Consistenza e colore preannunciano un vino “scuro” e robusto. Profilo olfattivo intenso e sfaccettato, persino sfacciato nella propria vigoria. Visciole e macchia mediterranea, pot pourri e sottobosco, lampi di liquirizia e cenere. In bocca manifesta tutta la propria opulenza, mai fine a se stessa: tannino avvolgente e sicuro, sorso vellutato, alcol ben percepibile. Un vino in cui la concentrazione è spalleggiata da freschezza viva, certo, e buona sapidità ma la cui bevibilità deve fare i conti con la stessa affascinante potenza che lo contraddistingue.