Pubblichiamo la seconda parte di un articolo di Matteo Capellaro sul mondo del vino biologico. La prima parte la potete trovare qui.
Il Mondo del Bio: Risposte
Quando si parla del mondo del bio nel vino bisogna però prestare molta attenzione a un delicato aspetto. Biologico non vuol dire necessariamente che è più buono o che fa meno male, ma semplicemente che il produttore ha voluto identificarsi con questa certificazione perché le condizioni ambientali del luogo dove sono ubicati i suoi vigneti sono tali per cui è possibile metterlo in pratica.
In ambienti di grande sfruttamento territoriale come per esempio le Langhe, la pratica biologica non è molto diffusa a meno che i vigneti siano in qualche modo protetti naturalmente, circondati da alberi o prati. Uno di questi esempi è rappresentato dall’azienda agricola Camparo a Diano d’Alba. La presenza di vigne di altre aziende non biologiche nelle vicinanze potrebbe essere dannosa non per la qualità del vino del produttore biologico ma per la sua certificazione.
Da anni in Piemonte come in altre regioni a sfruttamento territoriale intensivo infatti viene praticata l’agricoltura integrata, un modus operandi a basso impatto inquinante: in Langa, ma anche nel resto della regione, c’è la tendenza da parte dei produttori a scegliere una sola vigna con la quale riuscire a produrre almeno un vino ecosostenibile, realizzato con bassissimo apporto inquinante: mi viene in mente la Nas-cetta prodotta dall’azienda agricola Le Strette di Novello.
Un’altra discriminante nella scelta del tipo di agricoltura da praticare è per esempio la presenza di insetti nocivi in vigna che le pratiche biologiche non riescono a debellare, o l’esposizione dei vigneti non a sud con la possibilità quindi di avere frequenti marciumi che portano danni permanenti alla pianta.
Molti ostacoli si frappongono tra il potenziale produttore biologico e la certificazione: spesso si decide solo dopo molti anni di errori, prove ed esperimenti di attuare una conversione ma il più delle volte è un rischio che non vale la pena correre.
Il clima con cui molti vignaioli si sono confrontati, come in un’estate piovosa e distruttiva come questa (che ha messo in ginocchio i vigneti del nord Italia e ha portato un’epidemia di peronospora al sud) ha spinto molti di loro a chiedersi se davvero la via del biologico sia quella giusta da seguire. L’agricoltura si può considerare una delle poche scienze esatte ed il vero viticoltore ha una grande opportunità, specie nei momenti di incertezza o difficoltà climatica poiché ha la possibilità di poter scegliere sul destino della propria azienda basandosi esclusivamente sulle proprie convinzioni ed esperienze.
In conclusione: sarebbe un peccato non praticare l’agricoltura biologica se le condizioni sono ottimali per farlo ma sarebbe davvero controproducente attuarla esclusivamente per far parte di un movimento o di una semplice moda. La natura non perdona!