Lo scorso marzo sono stato a Lubiana, in occasione di una serata enogastronomica rivelatasi molto interessante. Approfittai dell’occasione per un veloce giro tra produttori friulani; nonostante il poco tempo a disposizione, decidemmo di recarci – complice un’amicizia in comune con un altro partecipante all’evento – da Edi Kante, la cui azienda dista pochi chilometri dal confine sloveno. Edi è uno degli artisti del Carso, nel calice e sulla tela; sfortunatamente non c’era, impegnato fuori sede: “Passate pure anche senza di me, ci sarà mia moglie“, ci disse al telefono. Non ci facemmo pregare: il mattino dopo, appena superato il confine, ci dirigemmo verso Prepotto. La permanenza in azienda fu breve: il tempo di prendere giusto qualche bottiglia, tra cui una Vitovska 2010 richiesta espressamente da Gianpaolo Arcobello Varlese il quale, pochi giorni fa l’ha provata, con una penna in mano:  



Il Vino è la poesia della
terra.

Mi ricordo di questo meraviglioso verso di Mario Soldati ogni volta che un vino
mi colpisce.
A Edi Kante sarà venuto in mente quando ha visto i monti del Carso
per la prima volta. 

E ha deciso che quella poesia l’avrebbe messa in un calice, per decantarla a
noi assetati mortali. 
Ma come faccio io a sapere tutto ciò? Me lo ha detto Edi? Ho
letto una sua biografia?
No, ho semplicemente bevuto la sua Vitovska.

Eh già, perché quando bevi la Vitovska ti si aprono il cuore e la mente, e
capisci. 



Capisci che Edi aveva previsto tutto. Capisci che quando Edi ha pensato questo vino ha immaginato, pianificato e
deciso ogni sensazione che tu avresti provato bevendolo, ogni suo aspetto, ogni
sua caratteristica. Lui ti entra nel cuore, e tu entri nel suo, perché
condividi le sue emozioni e le sue idee.


Lo versi e lo guardi nel calice, classico giallo paglierino con lievi riflessi
verdognoli. Poi, quando avvicini il calice al naso, senti prorompente la
mineralità, ed è bellissima e costante la nota cinerea; puoi percepire
nitidamente il gesso, la pietra focaia, con un contatto lingua- palato che
sembra quasi fare attrito per la presenza calcarea. Edi Kante lo sa, perché
quando lui vide lo struggente paesaggio del Carso pensò che quell’ammasso
di pietre l’avrebbe fatto rivivere nel tuo bicchiere. 

Senti il frutto, con una inizialmente timida vena agrumata, seguita da effluvi
di susina e pesca bianca. Edi lo sapeva che li avresti sentiti, perché quando
si innamorò del Carso era proprio quello che decise di dimostrarti:
che in un terreno roccioso e scontroso può nascere qualcosa di dolce, può
nascere amore. Può nascere poesia.

Senti la nota erbacea di macchia mediterranea, seguita dalla menta piperita,
rosmarino e stella alpina,  e cogli l’ennesimo messaggio di
Edi: non è stato così facile come credi “togli le
pietre, pianta le viti, raccogli l’uva”, mi sono fatto il mazzo
come un carro allegorico di Viareggio per piantare le viti rispettando erbe
varie e piante selvatiche. Questa rimane la loro terra, ed oggi esse convivono
in vigna. Voglio che tu lo sappia e perciò  le ritroverai nel tuo calice.

La PAI dà grandi soddisfazioni affinché tu, contando i secondi come ogni buon
degustatore, rifletta su quanto grande sia questo vino.
Sì, anche questo Edi lo aveva previsto, perché uno che vede una montagna di
pietra e vi ricava dei vigneti, nonché una stupenda cantina profonda quindici metri è
un uomo che vede il futuro con una chiarezza disarmante. E’ un uomo che sa
benissimo qual è la strada da seguire per fare un gran vino.
E la Vitovska lo è a tutti gli effetti.