Terra di bianchi, la Sicilia. E oggi, anche più di ieri, di ottimi bianchi.
Spumanti o fermi, passiti o liquorosi, macerati sulle bucce o “moderni”, scegliete quello che più vi aggrada; c’è solo l’imbarazzo della scelta.
La zona occidentale poi, quella che va da Trapani a Marsala, è sicuramente la più antica, conosciuta e, permettetemi, vocata dell’isola.
E’ qui che l’uva grillo ha trovato le migliori condizioni per prosperare e regalare a noi prodotti di prim’ordine e qualità.
Dopo il Vinnatur di quest’anno, dove ho avuto modo di conoscere Sebastiano De Bartoli (vedi quì, a centro pagina) e assaggiato i suoi vini, ho pensato che in particolare il grillo, in qualità di uva principe della produzione, meritasse un approfondimento.

Si sente parlare di uva grillo per la prima volta nel 1873, recentemente quindi; da studi effettuati sul DNA, è risultato infatti essere discendente di un incrocio naturale fra catarratto bianco e moscato di Alessandria (zibibbo in Sicilia).
Ma c’è di più. Recenti approfondimenti hanno sorprendentemente rilevato che grillo e rossese bianco di Riomaggiore in Liguria condividono lo stesso patrimonio genetico. Sono identici insomma!
Niente paura però; le origini del grillo sono sicuramente siciliane.
  


Il nome di Marco De Bartoli è sempre stato legato al marsala (la cui base nemmeno a dirlo è proprio il grillo); possiamo dire che sia stato l’inventore del marsala moderno da quando negli anni settanta prese in mano le redini della cantina.
La logica imporrebbe di iniziare dalle bollicine per poi proseguire via via… nulla di più sbagliato in questo caso. 


“Il Vecchio Samperi è il punto di partenza e di arrivo per noi”, ci dice Sebastiano. “Senza questo non ci sarebbe stato tutto il resto”.

Da uve 100% grillo, la produzione passa per una selezione massiva in vigna, limitando la resa a soli 20 ettolitri per ettaro. Per fare un paragone il miglior Sauternes di Chateau D’Yquem ha una resa di 25 ettolitri per ettaro…
Fermentato in legno viene invecchiato venti anni con il metodo soleras ottimamente spiegato su Wikipedia qui.
Acidità integrata, tabacco, scatola di sigari, caramello albicocca disidratata, schiaffi (!) minerali a go go…
“Il” marsala in una parola. Non facile, solo per intenditori, occorre riprovarlo più volte per coglierne l’essenza. Questa è per me la terza… mi sto avvicinando piano piano. Unico.
Sarebbe interessante scoprire quali abbinamenti culinari ci consiglia Sebastiano…

Il Terzavia 2012, bollicina metodo classico pas dosé, rappresenta invece il nuovo che avanza, la scommessa del futuro che vede il grillo scontrarsi con le realtà prestigiose dei Franciacorta o Trento doc o ancora Champagne.
Il metodo di rifermentazione in bottiglia è quello ancestrale, con aggiunta di mosto. “Il fine è quello di esprimere al massimo le potenzialità del grillo”.
Agrumi (anche in confettura) e zagara all’inizio lasciano il passo a sentori più evoluti di farina, pasticcino e frutta secca. Bolla fine e acidità spiccata fanno scopa con una sapidità che allunga il sorso. Fa molto Champagne. Il risultato è ottimo e siamo solo al secondo anno di produzione.
Per quanto riguarda la categoria “bianchi fermi” De Bartoli propone due linee di prodotto caratterizzate da un anima ben distinta l’una dall’altra.
Il metodo moderno segue le tecniche di vinificazione di uso comune nelle cantine moderne; il metodo ancestrale è invece legato alla rivalutazione di procedure, e gusti, di un tempo passato.
E’ così che il Grappoli del grillo rivela le sue due personalità, non troppo distanti in questo caso (al contrario dello zibibbo).
Un anno di invecchiamento per il grillo moderno, macerazione a freddo e affinamento in legno grande (di secondo passaggio se ricordo bene) per conferire struttura. Mi stranizzo perché sebbene la struttura sia buona non si avverte l’apporto tipico del legno. “Il gusto del legno dipende da diversi fattori fra cui  l’umidità  della cantina” spiega Sebastiano. Credo volesse dire che il legno ciò che non assorbe dall’aria assorbe dal vino.
La versione ancestrale è quella che mi ha più intrigato. Più ricco in tutto, ma per il resto segue un percorso simile al fratello, fatta eccezione per la solforosa. Importante, piacevole, gustoso dai sentori leggermente ossidati. Minerale, fresco e sapido è un vino longevo. Ottimo è dir poco.
A breve, spero, una degustazione che gli renda il dovuto merito.