Vi racconto una serata diversa. Sette sommelier che si ritrovano alla ricerca della mineralità, ciascuno con la propria bottiglia messa a disposizione degli altri. Già, la mineralità: questo mito che si rincorre tra i banchi di assaggio, che rimbalza di calice in calice e di bocca in bocca tra i degustatori, nelle aule degli aspiranti sommelier, nei salotti di chi beve bene. Un mito – dicevo – perché a ben guardare la scienza non ha (ancora) delineato un tratto certo tra le sostanze presenti nel sottosuolo e le caratteristiche organolettiche del vino ottenuto da viti coltivate nello stesso terreno. Ce lo dice anche Attilio Scienza, in un articolo pubblicato sul Gambero Rosso nel febbraio 2013 (articolo che potete leggere qui).

Per nulla demoralizzato dall’esito della ricerca scientifica, deciso a inseguire – e trovare – il mito nel calice, mi sono unito a sei amici per una serata caratterizzata da un leitmotiv ben preciso: la ricerca della mineralità.

Drappier Nature Sans Soufre
Lo conosciamo bene ma non ci stanchiamo mai. Il primo champagne senza solfiti aggiunti ha bollicina fine, non finissima, ma esuberante e fiera. Profilo olfattivo più di frutta che di lievito. Mandarino, ribes, nota accennata di frutta secca. Al gusto è diretto ed appagante, dalla buona corrispondenza gusto olfattiva. Dotato di beva assassina, la bottiglia finisce molto prima di quanto si vorrebbe. Mineralità di territorio.


Benanti Pietramarina 2007

Un altro vino che si beve spesso. Per fortuna, aggiungo. Dorato brillante, al naso idrocarburi nemmeno fosse una piattaforma petrolifera, mineralità spinta ma non eccessiva. Il palato denuncia una carenza di sapidità rispetto a quanto ci si aspetterebbe, forse per una spinta acida che non accenna ad assopirsi. Mineralità vulcanica.

Marisa Cuomo Fiorduva 2007

Equilibrato e lineare, fortemente personale. Prodotto di una annata calda e avara di piogge, mantiene tutte le caratteristiche aromatiche che lo hanno reso famoso, la sapidità è ben in evidenza forse esaltata da un deficit di freschezza che non incide minimamente nella valutazione del gusto complessivo. Mineralità marina.

Zenato Lugana 2011 Riserva
Naso intenso e burroso, puntellato da toni speziati dolci. Morbida è anche la bocca, piena, lunga e intensa, percorsa e animata da vena sapida importante. Una sorpresa, perché incuriosisce e invita alla beva, senza stancare, nemmeno per un secondo. Mineralità genetica.

Marcel Deiss Schoffweg 2009 
Paglierino intenso, consistente. Naso erbaceo e grasso, note definite di resina e miele. La bocca è piena, ben disposta, ampia. Paga in termini di lunghezza, denunciando un inaspettato crollo nel finale. Mineralità alsaziana.

la versione White di Serge Hochar è un blend di hobaide, parente dello chasselas e di meroit, papà del semillon. In effetti per certi versi il vino sembra una espressione secca di Sauternes: naso di frutta secca, fiori gialli, vegetale che vira velocemente su note agrumate; e poi una sferzata salina che ricorda a tratti un bosco in riva al mare. In bocca ha grande espansione, dinamico e armonico, fino al complesso e lungo finale. Mineralità esotica.

Sedilesu Perda Pintà 2012:

da vite granazza di Mamojada. Una espressione concentrata, intensa e caratteristica contraddistinta da grande consistenza visiva, intensità odorosa di fiori gialli, mela, albicocca e anima silvestre. Il gusto rivela subito un leggero residuo zuccherino, rendendola più morbida a fronte di una intatta freschezza e decisa sapidità. Mineralità mediterranea.