Chi di voi è mai passato dalla Franciacorta? Procedendo da Bergamo e Brescia lungo la A4 il paesaggio ai bordi dell’autostrada cambia pian piano e da una distesa di industrie e centri commerciali ecco spuntare le vigne. Franciacorta non è solo il nome del luogo ma anche il metodo di produzione e uno dei brand più affermati in Italia. Un unicum nella nostra penisola.

E’ in questa cornice che a seguito di una mia visita alla tenuta Villa Crespia Arcipelago Muratori ho avuto la fortuna di partecipare ad una serata molto particolare, un evento privato, organizzato da Michela Muratori dell’omonima cantina e Mauro Begni, gestore del ristorante al Muliner di Clusane.

Il tema era lo stato dell’arte del pinot nero spumantizzato in Franciacorta per capire non solo dove si è arrivati qualitativamente parlando ma anche cercare, se esiste, un filo conduttore che renda identificabile il territorio franciacortino in un calice di pinot nero spumantizzato.
Pensatela come un banco di prova, anzi il più severo dei test sul campo i cui giudici sono anche gli imputati. Si è parlato chiaro, a viso aperto senza bisogno di giri di parole.
Ecco dunque i nomi in ordine di servizio:


Le Marchesine blanc de noir 2011
Elisabetta Abrami blanc de noir extra brut 2010
Andrea Arici dosaggio zero nero 2010
Monzio Compagnoni Monti della Corte nature 2008
Villa Crespia riserva Iacono dosaggio zero 2005
Ca del Bosco dosaggio zero noir 2005
Castello Bonomi cuvèe Lucrezia etichetta nera 2004
Berlucchi Palazzo Lana 2004
Una tavola composta per lo più dai giovani rampolli, il futuro della Franciacorta, con qualche distinguo. C’era anche Claudio Faccoli, che il pinot nero in purezza non lo fa (ancora…), che ha interpretato un po’ il ruolo del regista o del mattatore se preferite; d’altronde come dargli torto? Anch’io se volessi lanciarmi in un sfida del genere valuterei molto bene pro e contro.
Come potete immaginare ho preso giusto qualche appunto.
Andrea Biatta è nipote del fondatore di Le Marchesine e come in ogni azienda a conduzione familiare fa un po’ di tutto dal commerciale all’assaggiatore al mulettista. Il blanc de noir 2011 che ci presenta è un gran bello spumante dal colore giallo dorato, con impronta fruttata piacevole e dotato di gran bevibilità. Pulito al naso su sentori di ribes e tenue nota animale, lo trovo convincente.
Sul blanc de noir extra brut 2010 di Abrami, lo ammetto, ho avuto non poche difficoltà. Qui la nota fumé al naso è avvertibile e il colore giallo paglierino scarico; ma è il palato sulle note di mela e frutta a polpa gialla, privo della potenza del pinot nero che mi lascia perplesso. 
Per farla breve mi sembra un altro vino. 
L’Arici dosaggio zero nero 2010 era fuori temperatura. Il naso carico su forte nota fumé mi fa pensare a tanto, troppo legno. Da rivedere.
Il Monti della Corte nature 2008 ha più o meno tutti i tratti distintivi di un pinot nero: colore, struttura e naso. Opulento ma poco interessante nel complesso.
Michela Muratori e Francesco Iacono, enologo dell’azienda, presentano il riserva Iacono dosaggio zero 2005. Colore dorato e naso su crosta di pane e piccoli frutti di bosco. Molto pulito al naso e al palato viene forse un pelo penalizzato da un bocca non lunghissima. Resta comunque un ottimo assaggio. Equilibrato.
L’altro 2005 è il dosaggio zero noir di Ca’ del Bosco. Colore da manuale, gran naso, bocca piena di vigore e struttura da vendere. Tutto in questo vino assume connotati importanti. Forse fin troppo. E’ innegabile che sia un ottimo spumante ma è altrettanto vero che sia piuttosto ruffiano. Sembra quasi un body builder pronto per Mister Olimpia. Grande oggi ma, a detta di molti grandissimo domani. Ostentativo.
Da Castello Bonomi Alessandro si occupa delle più disparate mansioni: dalla vinificazione alla vendemmia. Il Santa Lucrezia 2004 ha un naso bellissimo, fine, dai tratti già ritrovati negli altri assaggi ma più voluto su sfumature di vernice e ritorni di liquirizia. E non finisce qui. Il Castello Bonomi è campione di sapidità in un connubio potenza/eleganza molto convincente.
Ultimo assaggio con il Berlucchi Palazzo Lana 2004. Arturo Ziliani, in persona, ci anticipa i dettagli di un vino che non ha fatto malolattica e non ha toccato legno. 
Il Palazzo Lana rispecchia perfettamente i tratti di una mano molto esperta. Tecnica impeccabile ma “Troppo perfetto” a detta dei più.
Concludendo, è risaputo che il pinot nero sia in generale molto difficile da portare a casa ma abbiamo avuto dimostrazione che anche in Franciacorta potrebbe essere l’uva giusta per ulteriori grandi risultati in un territorio dove comanda indiscusso lo chardonnay. I tratti comuni sono molteplici e distintivi e vanno dal fumé, all’animale, ai piccoli frutti rossi di ribes, alla sapidità; quello che occorre adesso che la tecnica è matura, è forse più empatia; l’atto d’amore per dare una vera anima al proprio vino, a discapito perfino di qualche imperfezione.
A quando una tavola rotonda insieme agli spumantisti di Oltrepò e Trento Doc?