Eccola la serata in AIS Milano, la prima dopo le brevi vacanze, per conoscere meglio il Sannio Beneventano insieme al Presidente del consorzio Libero Rillo e a Guido Invernizzi.
Il Presidente ci racconta con trasporto non solo lo stato attuale della zona, in fortissima crescita su tutti i mercati, e foriera di tanti premi e riconoscimenti ottenuti in giro per il mondo, ma soprattutto dell’incredibile (siamo sempre in Italia ricordiamocelo) ma vero, stravolgimento in meglio dei disciplinari.
Ebbene quelli del consorzio hanno fatto una cosa bellissima: insieme ai produttori hanno rivisto il sistema delle Doc, riorganizzando 6-7 denominazioni in sole 2 Doc, puntando da una parte sull’uva Regina del Sannio ovvero quella che più si vende, la falanghina, molto versatile e che si presta a svariate interpretazioni, dall’altra ad una più generica Doc Sannio. 
Va beh facile…E le vecchie Doc? Le buttiamo?
Tutt’altro…Le vecchie Doc sono diventate “sottozone” cioè rappresentano con la loro denominazione aggiuntiva le zone vitivinicole più vocate. 

E non è tutto… ciliegina sulla torta, come ulteriore garanzia per il consumatore, è stato richiesta e ottenuta, la fascetta di Stato per le Doc (obbligatoria per le Docg) ed è in richiesta anche quella per le Igt. 
Fa molto Piemonte vero? Non so voi, ma a me PIACE.
Complimenti!
Facciamo un passo indietro nel tempo.
Un po’ di storia, che male non fa. Parliamo di 10 mila ettari di vigneto circa nel Sannio cioè quasi metà, per estensione, dell’intera regione campana. Zona Etrusca dove da 3000 anni si fa vino. “E lo si è sempre fatto bene” aggiunge Rillo.
Fiorente nel commercio durante l’epoca romana fino a quando il porto principale dell’Impero fu spostato a Roma. Ne seguì una lunga crisi e poi una ripresa nel 1300 dove da documenti storici si legge dell’esportazione di vini sanniti verso Bruges e l’Inghilterra.
Il resto lo conosciamo: profonda crisi, povertà e miseria.
Fino ad arrivare alla ripresa dei giorni nostri. 
Quasi figlio di un dio minore di recente, e sempre all’ombra dell Irpinia, oggi il Sannio sta riemergendo anche grazie ai riconoscimenti cui accennavo prima. 
Terreni principalmente sub-alcalini su base calcarea e, dove 70 milioni di anni fa c’era il mare, oggi si possono trovare argille, tufi, ghiaia, ciottoli i quali insieme hanno contribuito alla creazione di un territorio fortemente diversificato come nel Cilento o in Friuli.
Eccoci dunque ai nove assaggi raccontati da Guido Invernizzi.
Gas-cromatografia della falanghina ovvero
cosa si potrà mai trovare, calice al naso?
Votino Falanghina del Sannio Dop 2013
Solo acciaio, ha un bel naso pulito su tratti lievemente mielosi, di frutta gialla, di albicocca poco matura e agrume. Molto minerale, mostra una vibrante acidità che non svanisce; di grande sapidità e di buona lunghezza non è propriamente beverino per l’esuberanza del corpo
La Guardiense Falanghina del Sannio Dop Janare 2013
I terreni sono prevalentemente calcarei e argillosi. Non fa malolattica e questo si traduce in profumi dai tratti acerbi più nervosi e incisivi, sebbene puliti. Meglio in bocca che al naso dove note di pesca si uniscono bene all’alcol elegante. Palato rotondo dall’elegante freschezza. 
Cantina del Taburno Falanghina del Sannio Dop 2013
Anche qui affinamento solo in acciaio e no malolattica. 
Il naso è sottile e pulitissimo, delicato ma soprattutto elegante. Quasi aristocratico. Naso franco con cenni balsamici. Bocca in perfetta corrispondenza che, su un piacevole finale amaricante, fa di delicatezza ed equilibrio le sue doti migliori.
Il mio preferito della serata senza dubbio.
Wartalia Falanghina del Sannio Dop 2013.
Frutto più intenso e netto, misto a banana ananas e pesca. Tratti di erbe aromatiche come anice e felce. 
Bocca piena, fusa nei componenti e sapida. Finale troppo amarognolo che non mi convince…
Oppida Aminea (Muratori) Sannio Dop Coda di Volpe 2011.
Affinamento in acciaio e botti di rovere da 25 hl
Evidenti particelle di acido tartarico fanno da corollario ad un superbo colore dorato antico. 
Naso tostato su frutta secca e gialla matura. 
Non ha un’elevata acidità o sapidità come ci si aspetterebbe da una coda di volpe.
Morbido, lungo e già maturo su nocciola e fiori secchi.
Tecnicamente ben fatto ma emozionalmente anonimo. 
Fontanavecchia Aglianico del Taburno Dop Riserva Vigna Cataratte 2007

A dispetto dell anno il colore è ancora rubino
Tre anni affinamento in totale minimo fra legno e bottiglia. 
Al naso sento l’alcol e la ciliegia; poi cenni balsamici e una lieve tostatura che mi comunica un buon uso del legno 
Alta acidità, tannino centrale non dico allappante ma quasi e alcol integrato.
Cosa non mi convince? Il gusto. Tabacco e liquirizia Su toni amaricanti.
Mi sembra un vino giovane che avrebbe giovato, e gioverà sicuramente, di ulteriori anni di affinamento.
Cantine Iannella Aglianico del Taburno Dop Riserva Don Nicola 2007
Super intensa nota di tabacco, sigaro che dà una botta di vita ad un naso dall’aroma di erbe officinali e rabarbaro. 
Tannino centrale ma ottimamente integrato e ben levigato, di buona acidità e buona corrispondenza gusto-olfattiva. Tuttavia, come sopra, mi convince poco per il retrogusto amarognolo.
Torre a Oriente Aglianico del Taburno Dop Don Curzetto 2006

18 mesi in barrique e 12 in bottiglia
L’anno in più conferisce cenni leggermente più evoluti, sempre di tabacco, ma anche di frutta sotto spirito matura e spezie come vaniglia e cioccolato bianco. 
La bocca è molto invitante. Tabacco, noce moscata e vaniglia con tannino integrato e piuttosto delicato;
pulisce con garbo insomma. Naso e bocca si arricchiscono reciprocamente. 
Al secondo sorso noto pure una grande acidità. 
Certamente piu ruffiano si fa bere bene anzi benissimo nonostante la grande struttura. 
Lo gradisco molto. E mi viene in mente una fiorentina da 1kg…
Chiudiamo con una chicca.
Masseria Frattasi Beneventano Igp Kapnios 2006
Aglianico appassito a 700slm da viti a piede franco.
Un naso spiazzante di frutta freschissima e dal colore rosso rubino con riflessi violacei.
I profumi anch’essi atipici, sono giovani di fragola, ciliegia e marmellata con soffi addirittura vinosi.
Un vino di contrasto che si ama o si osi odia da elevata acidità, tannino perfettamente addomesticato ma con ritorni di caramello e nocciola. Bocca morbida addirittura vellutata, con finale lungo e di grande impatto.
Da meditazione, direi che lo amo.