Quest’articolo sembrerà un po’ polemico, lo dico subito.
Ma non l’ho fatto apposta, giuro. E’ uscito così al naturale.

Giorno 22 settembre siamo al Centro Congressi Fondazione Cariplo di Milano per il Best Italian Awards 2014. La sala ad anfiteatro, tipo aula universitaria è bella, ma con più stile.
Leggendo i cinquanta premiati si può constatare la presenza di tanti nomi famosi ma anche assordanti mancanze. Per esempio, noto l’assenza del Ben Ryé di Donnafugata, impareggiabile Passito di Pantelleria, e indiscutibile eccellenza nostrana. Ora, non conosco il panel completo delle degustazioni ma rilevo un certo contrasto fra ‘in e out’; proseguendo nella lettura gli interrogativi che mi porrò diventeranno più specifici.

La premiazione è iniziata e a sinistra sento… “Sono sempre gli stessi“… A destra invece rimpalla un “Sì ma vuol dire che saranno anche i migliori“.
A voi la scelta.

Eminenze grigie da una parte, doppio petto e tailleur a go-go dall’altra. Per chi non vuole prendersi troppo sul serio non è la serata adatta. Ma ogni tanto un po’ di etichetta ci vuole.
Il breve video proiettato mostra le immagini di otto degustatori per una maratona di assaggi di tre giorni, rigorosamente alla cieca.
E giù via a ruota libera scorrendo i cinquanta nomi dei vini migliori, selezionati tra 250 vini nazionali. D’accordo che parliamo di fior fior di degustatori, dei quali conosco soprattutto Gardini e Cernilli, però…
Però è qui che vengo colto da un pensiero.
Ma esattamente qual è il criterio di selezione iniziale di questi 250 campioni? Un passato/presente glorioso? Potere commerciale? Una selezione “ad hoc”? “L’amico del fratello di mia cognata mi ha detto che…“?
Fatto sta che potrebbe far la differenza essere dentro o fuori.
Credo che il principio possa essere stato quello “dell’invito” a inviare campioni e relativa “discrezionalità” del produttore a partecipare, inviando o meno a BIWA il vino da degustare.
Ho tanti amici viticoltori che non sono affatto disposti a presentare campionature per svariati motivi validissimi e tuttavia fanno vini incredibili.
Se fosse questo il criterio, credo un premio come il BIWA avrebbe maggiore credibilità se si pensasse ad una formula di selezione che sia una via di mezzo fra la campionatura aggratisse e, magari, l’acquisto agevolato. O meglio ancora occulto! Sarebbe il top!
Chissà se la classifica verrebbe stravolta…
Questo discorso ovviamente vale (che te lo dico a fare) anche per TUTTE le guide.

Non mi aspettavo, tra l’altro, un successo così ampio in termini di spazio mediatico, nonostante nel corso di questi anni il nome di Luca Gardini ha fatto e continua a fare notizia.
Non posso che fargli i complimenti.
Concentriamoci sullo scopo, ovvero premiare (alcune) eccellenze italiane.
Indipendentemente dalla valutazione dei meriti dei cinquanta premiati, ha ragione Gardini quando dice che premiare le eccellenze fa bene alla nostra martoriata Italia tutta, premiati e non. 
Nella stessa direzione va anche il messaggio inviato dal Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Maurizio Martina ai BIWA, letto a inizio serata da Antonio Paolini.  
Il leit motiv è molto positivo: comunicare il vino per il pubblico, non per i tecnici… poi bisogna capire quanti fra il pubblico, inteso come consumatore medio, sono disposti a comprare un Barolo, per fare un nome a caso, da cento e più euro.
Ma anche questo è un altro discorso.
Aggiungo giusto un paio di note personalissime, come sempre.
Oltre ai cinquanta migliori vini d’Italia, BIWA ha assegnato gli Awards, alcuni premi speciali destinati a persone e aziende che si sono particolarmente distinti nel mondo vitivinicolo.
Parliamo del “Premio della tradizione”, per esempio, assegnato all’azienda Monterossa. Mmm.
Ma, esattamente, quale tradizione si sta premiando? Adoro il Cabochon (e anche il Sansevé che dovete assolutamente provare) che credo sia davvero un’eccellenza: tuttavia la tradizione che hanno insignito (o che mi ha trasmesso il premio) è quella propria franciacortina (Monterossa nasce già nel 1972), non certo un assoluto italiano. Con un po’ di impegno penso di riuscire a tirar fuori almeno 5 nomi per regione con una storia più antica o gloriosa. Perdonate ma non vedo un motivo determinante per cui gratificare proprio quella zona a discapito di un’altra. Piccoli nei che tutte le guide ed i premi si portano dietro.

Poi, rileggendo i premiati, mi balza all’occhio un’altra ovvietà; conto 13 baroli e 12 toscani; che tradotto fanno metà classifica in due regioni.
Vorrà dire qualcosa, per carità, ma non sarà un attimo esagerato? Continuiamo a dire che l’Italia del vino non è solo Piemonte e Toscana ma mi pare di tornare al discorso di cui sopra.
E poi ancora, però, ci sono loro… Vecchio Samperi, Redigaffi, Fiorduva, Verdicchio Bucci, Paleo…
Tanta roba.
Un pizzico di (sana) invidia per i fortunati otto degustatori ce l’ho, lo ammetto! Comunque sia, il messaggio giusto che voglio trasmettere è che il vino italiano è rockissimo.
Guida o non guida.

E allora eccoli i nomi:

1 Dal Forno Romano – Valpolicella Superiore Monte Lodoletta 2008 – Veneto

2 Tenuta Sette Ponti – Oreno 2011 – Toscana

3 Marisa Cuomo – Costa D’Amalfi Furore Fiorduva 2012 – Campania

4 Luciano Sandrone – Barolo Cannubi Boschis Luciano Sandrone 2010 – Piemonte
5 Argiolas – Turriga 2010 – Sardegna
6 Tenuta San Guido – Sassicaia 2011 – Toscana
7 Casanova di Neri – Brunello di Montalcino Cerretalto 2008 – Toscana
8 Valentini – Trebbiano D’Abruzzo 2010 – Abruzzo
9 Duemani – Duemani 2011 – Toscana
10 Giuseppe Mascarello e Figlio – Barolo Santo Stefano di Perno 2009 – Piemonte
11 Capanna – Brunello di Montalcino Riserva 2006 – Toscana
12 Vietti – Barolo Lazzarito 2010 – Piemonte
13 Sottimano – Barbaresco Currà 2010 – Piemonte
14 Podere Poggio Scalette – Piantonaia 2011 – Toscana
15 Malvirà – Roero Riserva Renesio 2009 – Piemonte
16 Gorelli Le Potazzine – Brunello Di Montalcino Riserva 2006 – Toscana
17 Palari – Faro 2009 – Sicilia
18 Tua Rita – Redigaffi 2011 – Toscana
19 Marco De Bartoli – Vecchio Samperi Ventennale sa – Sicilia
20 Ettore Germano – Riesling Hérzu 2012 – Piemonte
21 Tenuta di Nozzole – Il Pareto 2010 – Toscana
22 Pio Cesare – Barolo Ornato 2010 – Piemonte
23 Le Piane – Boca 2010 – Piemonte
24 Conterno Fantino – Barolo Sorì Ginestra 2010 – Piemonte
25 Fratelli Alessandria – Barolo Monvigliero 2010 – Piemonte
26 Tenuta dell’Ornellaia – Masseto 2011 – Toscana
27 Nino Negri – Sfursat 5 Stelle 2010 – Lombardia
28 Mastroberardino – Taurasi Riserva Etichetta Bianca 2008 – Campania
29 Ca’ D’Gal – Moscato d’Asti Vigna Vecchia 2008 – Piemonte
30 Torraccia del Piantavigna – Ghemme 2007 – Piemonte
31 Polvanera – Primitivo di Gioia del Colle 17 Vigneto Montevella 2011 – Puglia
32 Palladino – Barolo Parafada 2010 – Piemonte
33 Fratelli Barale – Barolo Bussia 2009 – Piemonte
34 Le Macchiole – Paleo Rosso – 2010 – Toscana
35 Grattamacco – Grattamacco Bolgheri Rosso Superiore 2011 – Toscana
36 Ca’ del Bosco – Franciacorta Brut Riserva Cuvée AnnaMaria Clementi 2005 – Lombardi
37 Pollenza – Il Pollenza 2011 – Marche
38 Domenico Clerico – Barolo Ciabot Mentin 2010 – Piemonte
39 Bussia Soprana – Barolo Vigna Colonello 2009 – Piemonte
40 Elvio Cogno – Barolo Bricco Pernice 2009 – Piemonte
41 Nervi – Gattinara Molsino 2006 – Piemonte
42 Ar.Pe.Pe – Grumello Buon Consiglio Riserva 2005 – Lombardia
43 Castello del Terriccio – Lupicaia 2009 – Toscana
44 Cortaccia – Brenntal Gewurztraminer 2011 – Alto Adige
45 Tramin – Terminum Gewurztraminer 2012 – Alto Adige
46 Prunotto – Barolo Bussia 2010 – Piemonte
47 Castello di Verduno – Barolo Monvigliero Riserva 2006 – Piemonte
48 Podere il Carnasciale – Il Caberlot2010 – Toscana
49 Biondi Santi – Brunello di Montalcino Riserva 2008 – Toscana
50 Villa Bucci – Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva Villa Bucci 2009 – Marche

Ah, quasi dimenticavo.
Chiudo con una piccola nota a margine.
A fine serata ci è stato offerto un aperitivo; lo champagne è stato servito nel “bicchiere democratico” della linea “World’s Best“, prodotta da RCR e disegnato da Fabio Novembre e lo stesso Luca Gardini.
Ci penso e ci ripenso ma alla fine credo che certi eventi e soprattutto certi vini meritino ancora un classico calice con lo stelo.
A me un bicchiere del genere, seppur democratico e tecnologico, sembra più adatto per la semplice acqua.