L’enoteca Tre Archi di Oleggio ha organizzato da sabato 28 giugno al martedì successivo una degustazione di gran classe. Abbiamo chiesto a Matteo Capellaro, vero special agent di questo blog, di seguirla per noi. Ecco il suo racconto:
“Come promesso ai miei due simpatici amici di Appunti di Degustazione, scrivo le miei impressioni sulla degustazione Nuove Annate e Nuove Sboccature a cui ho avuto la fortuna di partecipare presso la sede di Tre Archi, enoteca e storica agenzia di import-export a Oleggio.
Una bella selezione di vini italiani e francesi era lì ad accoglierci, introdotta dal personale dell’enoteca, estremamente puntuale, preparato e appassionato. 

La degustazione era incentrata su produzioni biologiche e biodinamiche: non sempre queste due caratteristiche vanno di pari passo con la piacevolezza del vino ma devo dire di essere stato sorpreso dalle produzioni francesi. Interessante e fragrante il Cremant de Limoux 2010 di Domaine Delmas, pulito, fresco di facile beva, peccato invece per la notevole quantità di lieviti del Cremant d’Alsace 2011 di Domaine Albert Mann che potrebbe dare un po’ di fastidio per coloro che hanno intolleranze ai farinacei; con il tempo questa sensazione, situazione accettabile negli spumanti metodo classico appena imbottigliati, se ne va lasciando spazio a note fragranti. Domaine Albert Mann propone anche due riesling, un base del 2012 che parte già da una qualità che per altri è un punto di arrivo, con una complessità che varia dalla pietra focaia e l’albicocca lasciando un piacevole calore in bocca. 

Il Furstentum Grand Cru 2010 invece regala note più terziarie di miele, di idrocarburi e vegetali. Peccato per la quantità stratosferica di solfiti aggiunti!
Nei rossi il Gevrey Chambertin Clos de Meixvelle 2010 comunica con sincerità senza troppi fronzoli le caratteristiche di questo monopole del Domaine Pierre Gelin, un pinot nero elegante complesso con note speziate, vegetali, artificiali notevoli con una bella freschezza e tannino prorompente. Una lunga vita davanti. Una delusione è invece il fuori programma del 2004, non compreso nella degustazione, ma che ho avuto la possibilità di assaggiare: note terziarie ormai in fase calante. Davvero un peccato!
Il made in Italy ha invece proposto il Franciacorta artigianale biologico e biodinamico di 1701 con un atipico ma caratteristico, pulito, asciutto metodo Charmat e un notevolmente strutturato brut millesimato vintage del 2009. Bello fresco, fragrante, bollicine fini e scalcianti in bocca con una lunga vita davanti.

Essendo a conoscenza delle avventure passate di Zohlhof nel mondo del bio in Alto Adige mi sono accostato alla degustazione dei suoi prodotti con non poche perplessità e sono contento di essermi sbagliato: ho provato un gran bel Gewurztraminer 2012 pulito, fresco, ampio al naso dall’aromatico classico, all’albicocca, alla rosa canina, persistente in bocca; che dire del Sylvaner 2012? molto sapido e con note minerali molto simili al riesling. 

Ho trovato il friulano Blazic e il campano Torricino non troppo all’altezza del ruolo: nel primo una pericolosa somiglianza tra il Friulano e la Ribolla Gialla, ma una qualità notevole nel Sauvignon e nel secondo vini non troppo concentrati e poco persistenti come non ci si aspetterebbe da un Greco di Tufo. Peccato!

Alfio Curatolo ha invece un gran bel Zibibbo Secco delle Terre Siciliane di grandissimo livello. Curato, delicato, complesso, caldo e minerale.
Rossi di grande livello quelli proposti: Ferdinando Principiano si aggiudica il primo posto e non perché ho avuto la residenza a Barolo per un decennio ma semplicemente per il suo modo di fare il vino e per le sue rese basse, che danno un’idea di cosa sia per davvero il nebbiolo delle Langhe. Il Ravera 2010 è spaziale con tannini da addomesticare ed il Boscareto 2008 ancora fresco, con tannini verdi, profumi eterei, balsamici, animali.

Sullo slancio piemontese, l’attenzione si concentra tuttavia sulla Toscana, rappresentata da Tenuta Il Castellaccio con il Bolgheri Dinostro 2012, sangiovese in purezza: nervoso in bocca, strutturato solido, e Valente 2011, uvaggio di autoctoni con toni addirittura fragranti, di biscotto e amaretto.

Tenuta Nottola e Stella di Capalto passano senza grosse emozioni, vini puliti e tecnici, fatti un po’ in serie. 
Rubinelli Vajol si avventura nel biologico con un Ripasso che sa di peperone e un Amarone all’altezza del ruolo con le note classiche fruttate, balsamiche, selvatiche davvero particolari.
Per la fine ho tenuto un fuoriclasse, il Sapaio Volpolo 2008: taglio bordolese di Bolgheri con tutti i requisiti per raccogliere l’eredità del blasonato Sassicaia, proponendo un vino di classe, con belle estrazioni, concentrato, ma artigianale. “