Lo scorso novembre ho avuto la fortuna di partecipare ad una serata organizzata da AIS Milano, in cui Christoph Künzli ha presentato uno spaccato vecchio e nuovo della produzione aziendale di Le Piane, realtà che merita qualche riga di presentazione, preceduta da una breve premessa sulla zona di produzione. Conoscevo già Cristoph di vista e già qualche anno fa, ad una rassegna in centro Milano, mi aveva trasmesso in poche, semplici parole la forza e l’entusiasmo che lo hanno motivato a trasformarsi da importatore a produttore vinicolo. 

Dicevamo della zona: Boca sembra stata creata per produrre vino: situata tra il Lago d’Orta e la Val Sesia, in provincia di Novara, a circa quattrocento metri sul livello del mare, vi convergono favorevoli circostanze pedoclimatiche davvero uniche che ne hanno fatto uno dei fiori all’occhiello della produzione vitivinicola italiana, specialmente negli anni di fine Diciannovesimo secolo e fino al 1950 circa, quando le nuove dinamiche post belliche sottrassero forza lavoro e risorse finanziarie all’agricoltura in favore della rinascita industriale. Il bosco gradualmente riprese ad estendersi, riducendo drasticamente la superficie vitata.
La caratteristica storica di Boca è il terreno, ricco di porfido di origine vulcanica originato da un vulcano di trecento milioni di anni fa; la luminosità è intensa ed il terreno si riscalda facilmente, con benefici effetti per gli impianti; la zona è storicamente vocata per la coltivazione di nebbiolo da invecchiamento e non c’è da meravigliarsi. Il terreno ha un PH particolarmente acido e le sostanze nutritive non mancano mai alle piante, che riescono a raggiungere importante longevità.

La storia di Le Piane affonda le radici negli anni Novanta, tra i filari curati da Antonio Cerri, storico produttore di Boca, nato nel 1917 e scomparso nel 1997: Christoph Künzli rilevò la vigna e la cantina di Cerri nel 1995 raccogliendo l’eredità, l’onore e – è il caso di dirlo – l’onere di ridare vigore alla denominazione, penalizzata dagli sviluppi industriali di metà secolo. I primi interventi di Christoph furono indirizzati al recupero di superficie vitata ed all’impianto di nuovi cloni; recuperò barbatelle di nebbiolo e vespolina dalla Valtellina, dalle Langhe, dalla Val d’Aosta. 
L’azienda Le Piane vide la luce tre anni dopo ed oggi tutti sappiamo che Antonio Cerri non si sbagliò nell’affidare a Christoph la successione di Boca. Oggi gli ettari di proprietà sono otto e rappresentano l’azienda più grande della denominazione, la cui estensione totale è di appena trenta ettari; non c’è solo nebbiolo, a cui si affiancano croatina, vespolina, la malvasia di Boca, l’erbaluce e le rare slarina e tantourrier, coltivate con il tradizionale sistema a maggiorina. Questo metodo si basa su uno schema quadrato al centro del quale vi si trovano tre o quattro ceppi, che possono anche essere di diverse varietà; lo sviluppo delle piante segue quello dei punti cardinali. Si comprende con facilità che un sistema di questo tipo rende impossibile la meccanizzazione in vigna, ma non sembra essere un problema; dice Christoph: “Non amo le macchine, fanno perdere il contatto col vino“. Come dargli torto?! 
Facciamo parlare i calici:
Le Piane 2009: blend di croatina, nebbiolo, vespolina e uva rara è il vino che l’azienda produce per rivalutare le uve tradizionali del territorio, in particolare la croatina. Questa varietà si porta dietro la fama di essere adatta più che altro a tagliare il nebbiolo o a produrre vini semplici, invece a Boca – ma non solo qui – la croatina raggiunge livelli qualitativi importanti; gli impianti di croatina di Le Piane qui hanno parecchi anni. Rosso rubino intenso, luminoso e di buona consistenza, dà al naso sentori di ciliegie fresche, more, con venatura speziata, specie chiodi di garofano e polvere di caffè, seguita da sensazioni balsamiche di menta piperita. Al gusto si nota il tannino levigato, a braccetto con una nitida freschezza. Vino semplice eppure raffinato, ben modulato sui quattro vitigni che lo compongono.
Mimmo 2010 Vino rosso: un vino dedicato a un vecchio collaboratore, un amico di origini calabresi, Mimmo, che per anni ha lavorato in vigna, silenzioso e saggio. Nel 2010 Mimmo assaggiò del nebbiolo direttamente in vigna e mormorò qualcosa circa il fatto che quell’uva non era all’altezza del Boca; in seguito, quando Christoph iniziò gli assaggi alla cieca per assemblare il Boca, trovò che le partite delle particelle indicategli da Mimmo, in effetti, non lo erano. Mimmo è scomparso di recente e Christoph ha voluto dedicargli questo blend di nebbiolo e croatina, rubino, con sentori di amarene, lamponi e anice, erbe officinali, che conducono al sorso innanzi tutto fresco, ancora tannico, che scorre comunque via dritto verso un finale medio lungo. Vino strutturato e inusuale, perfetto per accompagnare un buon pasto con il suo nerbo vinoso.  
Boca 2008: Christoph fa una premessa, legata alla composizione del Boca: “Abbiamo provato a farlo con nebbiolo in purezza, ma ci siamo accorti che la presenza della vespolina è ancora troppo importante“; l’apporto della vespolina, presente nel Boca 2008 in percentuale del 15%, è legato alla struttura e alla ben nota balsamicità che conferisce; l’annata fu caratterizzata da una grandinata che costrinse ad una maniacale selezione degli acini, ma forse proprio per questo la 2008 – secondo Christoph – è seconda solo alla immensa 2012. Si presenta con il suo classico rubino; l’impatto olfattivo è un cesto di nespole e arance, su cui si fonde una piacevole speziatura di coriandolo. La bocca è contraddistinta dal tannino ancora aggressivo e da importante mineralità, cui si affianca adeguata sapidità. Sfaccettato ed intenso, adesso è già grande ma se ne avessi una bottiglia la terrei gelosamente ancora un po’ in cantina.  
Boca 2007: ancora rubino, ma stavolta appaiono riflessi granati che ne svelano l’evoluzione. Il naso suggerisce lievi note di frutta nera sotto spirito, accenni di pietra focaia ed inedito foxy. Al gusto la potenza è sugli scudi, introducendo il sorso carnoso, di piena corrispondenza gusto-olfattiva, forse un po’ penalizzato da un tannino in via di centratura, sempre sostenuto da una mineralità al servizio della beva. Fine e potente al tempo stesso, con la classe dei grandi. 
Boca 2006: annata temperata. Rubino ravvivato da riflessi granati, bouquet di dolci agrumi e tabacco, erbe aromatiche, incenso. In bocca sorprende per freschezza gioviale, cui corrisponde un tannino già integrato ed intenso.  Espressione classica dalla bevibilità già straordinaria.
Boca 2004: il rubino qui fa spazio al rosso granato. Il naso è lieve ma preciso, delineato su uno spartito balsamico e sfaccettato di frutta matura, sferzate di agrumi, cenere e spezie, mi ricorda il the verde. L’assaggio è fedele al soffio olfattivo, ma molto più intenso e fondato su un tannino quasi perfettamente integrato. Persistenza aromatica generosa e fine, sigla un vino che non si dimentica.
La line up dei vini in degustazione
Il trittico dei prodotti di Antonio Cerri e siglati in etichetta da Azienda agricola La Meridiana inizia con il Campo delle Piane 1990: assaggiando questo vino si comprende, anche senza averlo mai conosciuto, che tipo di persona potesse essere Cerri. Imbottigliato nel 1999, dopo nove anni di botte, ha regalato sensazioni che solo i vini voluti e trattati come figli – perdonatemi la metafora – possono dare; il rosso è aranciato, limpido e luminoso, naturalmente scarico ma meno di quanto ci si potrebbe, forse, aspettare. Studio attentamente il bouquet, sforzandomi di non ascoltare i commenti degli altri fortunati intorno a me: impatto terroso e vena fruttata integra di ribes e piccoli agrumi, cui segue rapida successione minerale, in particolar modo grafite, chiusa da accenni di spezie, tra cui avverto pepe bianco. Se l’olfatto ha promesso il sorso mantiene: si dispone in bocca sapendo perfettamente dove andare e cosa sussurrare ai miei ricettori per farli felici, manifestando freschezza da virgulto, vigoria, espressione orizzontale di gran classe ed equilibrio commovente. Una gemma preziosa che a dispetto dell’età vuole ancora evolvere.
Campo delle Piane 1984: Christoph ci rivela che sospetta non vi sia vespolina in questo vino proprio perché fu una annata notoriamente difficile e la vespolina in tali condizioni non rende. Il colore è aranciato, scarico; il naso è “difficile”, gli aromi spaziano su note terrose ed ematiche, lievemente eteree. Al gusto è fresco, tannino fuso ma vivo, elegante e piacevole. Aristocratico.
Le danze si chiudono con il Campo delle Piane 1970: aranciato luminoso e limpido, possiede naso vivace di terziari eterei, preceduti da lievi rimandi di lavanda ed arancia amara. In bocca esprime sapidità minerale da campione, espressione ampia ed orizzontale, in un primo momento timido e poi quasi amichevole nel disporsi al palato ricco e con personalità. Un giovane vecchio cavallo di razza.