Come avevamo già anticipato in questo post, Appunti di degustazionesplendidamente rappresentato da Gabriele ed il sottoscritto – partecipa al contest organizzato da La Stampa, volto a evidenziare l’importanza del fenomeno social media e l’incidenza sul modo di fare comunicazione.
L’iniziativa, denominata Young to Young, prevede tre degustazioni in tre diversi giorni del Vinitaly, dove saranno protagonisti giovani produttori e giovani blogger, idealmente uniti a formare un trampolino verso il futuro. 
Viene chiesto a ciascun blogger di pubblicare sul proprio spazio un articolo con foto e testi relativi all’evento: gli articoli saranno valutati da una giuria di giovani comunicatori de La Stampa Academy

E di futuro si è parlato stamani con Paolo Massobrio e Marco Gatti, rispettivamente moderatore e degustatore; i vini in degustazione erano:
Vermentino di Gallura Superiore “Sienda”, presentato da Marianna Mura per Vini Mura 
Freisa d’Asti “Sorì di Giul2010 presentato da Giulia Alleva per Tenuta Santa Caterina
Titolo” Aglianico del Vulture 2011, presentato da Elena Fucci per l’omonima azienda di Barile.

Paolo Massobrio, in apertura, chiarisce che le tre aziende sono state  premiate con Top Hundred di Golosaria


Apre le danze – o dovremmo dire alza il calice? – Marianna Mura: Vini Mura  si trova a Porto San Paolo, a dieci chilometri da Olbia, ed è una azienda familiare fondata nel 1975, suo anno di nascita; Marianna ci parla dei suoi studi di enologia e di come gli stessi studi l’abbiano aiutata a ritrovare le origini. Si sofferma sull’impronta che è riuscita a dare all’azienda una volta che ne ha fatto parte a pieno titolo, sostituendo l’enologo esterno. “Nessuno conosce casa tua come te stessa“.
Vedremo in seguito che il ritorno alle origini a cui Marianna fa riferimento è il leit motiv che accomuna le tre produttrici. Semplice coincidenza o segnale ben preciso…?
La missione di Marianna  è riuscire a produrre un vermentino fine e raffinato che comunichi il mare e la terra, un vermentino di territorio, quindi.  
Sienda proviene da un vigneto di quaranta anni e viene prodotto in ventimila bottiglie l’anno: si presenta paglierino brillante, impatto olfattivo fine, in particolare erbe aromatiche, salvia, rosmarino e macchia mediterranea; l’olfatto è già ampiamente comunicativo. In bocca ha corpo forse inaspettato per un vino bianco, sostenuto da una bella sapidità che non interferisce sulla percezione di freschezza, integrata e piacevole. Non ci sono dubbi: Marianna è riuscita nell’intento.


Giulia Alleva di Tenuta Santa Caterina proviene dal Monferrato, una zona in cui vino e storia vanno a braccetto da secoli. Anche Giulia confessa la necessità, intervenuta col tempo ed in particolare dopo la laurea, di tornare alla “terra”, lasciandosi alle spalle le metropoli grigie e fumose. Come darle torto… 
Giulia spiega perché ha deciso di portare la Freisa Sorì di Giul, che non è il vino premiato da Golosaria: ritiene che la freisa abbia caratteristiche altamente espressive del territorio ma sia sottovalutato, e lo definisce “un nebbiolo al femminile”, di cui è in effetti geneticamente parente. 
Il biglietto da visita del vino, il colore, ci annuncia un vino delicato: rosso granato scarico, più riscontrabile in un nebbiolo, in  effetti, che non in una freisa. Viola, marasca, importante ma non predominante speziatura da legno che suggerisce una tostatura di caffè e cioccolato; spartito odoroso armonico e veramente elegante. Il gusto non tradisce: perfettamente in linea con l’olfatto, si dispone in bocca con grazia e personalità, con tannino integrato che viaggia in simbiosi con l’alcol, conducendo a un finale lievemente ammandorlato e sinuoso. Siamo convinti che alla cieca ingannerebbe più di qualche degustatore, certo di trovarsi di fronte ad un aristocratico nebbiolo. Chapeau.  


Elena Fucci ci racconta della sua scelta di intraprendere enologia all’università di Pisa e contemporaneamente avviare l’azienda, vinificando in proprio le uve che il padre ed il nonno si limitavano a vendere sfuse, scongiurando così la vendita delle terre di famiglia. Elena aveva altri piani per se stessa ma ha cambiato rotta in corsa, rimettendosi in gioco. Lei stessa è espressione del territorio dal quale proviene, vulcanica ed energica; ci parla, con un sorriso, di un vecchio detto locale: “Non esiste barolo senza barile”, riferito ai tempi in cui i vini lucani venivano caricati sui treni merci verso il Piemonte per essere usati come taglio per vini sulla carta più prestigiosi. Vecchia storia. Oggi l’aglianico del Vulture ha una propria identità definita, riconoscibile e di qualità ed Elena Fucci può – a ragione – assumersene una parte del merito. 
Marco Gatti, nel corso della degustazione, ci fa notare che siamo davanti a un “vino da ascoltare“: rubino intenso ed impenetrabile di buona luminosità, precede sentori nitidi di confettura di frutti rossi, speziatura dolce, in special modo cannella e poi in successione armonica tabacco, terra bagnata,  tratto ematico. In bocca il gusto è potente e al tempo stesso elegante, con tannino perfettamente integrato in un contesto aristocratico. Facile prevederne una longevità importante.  

Dopo la degustazione le tre produttrici hanno espresso ancora per qualche minuto le loro opinioni e le loro storie, rispondendo alle domande dei blogger presenti. Gabriele ed io, al termine, abbiamo avuto la medesima impressione e siamo certi che in tutta la sala si è avvertita la stessa positiva elettricità: Marianna, Giulia ed Elena hanno manifestato, in pochi minuti e in poche parole, tutta la loro passione, la volontà di proseguire o rinnovare una tradizione nel segno inequivocabile della passione. 
Perché nessuna cosa grandiosa è stata fatta senza entusiasmo iniziale. 
Se il futuro del vino e della comunicazione è questo siamo in buone mani.  
Prosit!