(prima parte)
Proseguiamo il nostro viaggio in terra bordolese e spostiamoci sulla rive Gauche con il Chateau Lynch-Moussas, Pauillac 2004.
La prevalenza di Cabernet Sauvignon (70%) fa emergere una riconoscibile componente erbacea e il Merlot contribuisce con sentori di mora e ciliegia anche sotto spirito.
In bocca si avverte una trama terrosa, quasi polverosa; i sommelier commentano con polvere di caffè.
Stranamente ci sembra più alcolico degli altri (anche se guardando bene fa solo 13 gradi) e più slegato, come se avesse avuto bisogno di ossigenarsi ancora.
Possible.
Buona la persistenza ma la bevibilità risente della maggiore potenza complessiva; dopo 20 minuti di chiacchiera vedo i calici ancora mezzi pieni.
Fin’ora quello che è piaciuto “meno” (che non vuol dire che non è buono).
Salta fuori il solito discorso fuori contesto; “sono migliori i vini italiani o quelli francesi?”
Abbiamo una bella risposta: “La Francia, data la vicinanza con l’Inghilterra ha iniziato prestissimo (qualche secolo fa suppongo) a fare vini per il commercio; in Italia (nello stesso periodo) si faceva il vino per se stessi e i parenti”.
Era più o meno questa, parola più – parola meno.
Vi invito a dire la vostra commentando!
I calici si sono svuotati e questo vuol dire che siamo pronti per il Chateau Du Tertre, Margaux 2003.

Non prima, però, di riportare una perla, che non posso tenere solo per me, sulla “sagra delle teste dure”, tipica festa sarda. 

Tony ci racconta molto seriamente di quando lavorava in Australia e un giorno, con un amico sardo tozzo e basso dopo esser saliti su un taxi, viene avvicinato da un GIGANTE NERO che ruggisce qualcosa simile a “you better get out” (meglio per voi se uscite).
Non è salutare dire di no in queste circostanze ma Tony, poco prima di farsi da parte, viene fermato prontamente dall’amico che rivolgendosi all’energumeno esordisce sicuro: “vieni che ti devo dire una cosa” (ovviamente in inglese ma la traduzione non avrebbe reso credo).
SBAM! 
Testata micidiale nel mezzo della fronte che stende l’omone nero…
“You can go now” riferendosi al tassista.

Vi invito a guardare questo video molto molto esplicativo per ulteriori dettali sull’argomento.

Un fake? Molto probabile… comunque cercherò di non sfidare mai un sardo a testate, voi che dite?
Eravamo rimasti al Margaux mi pare.
Abbastanza limpido (molte particelle in sospensione) rosso rubino cupo e consistente, al naso si sente l’effetto dell’annata calda; erbaceo, terra bagnata, prugna cotta e nota balsamica.
La sensazione di calore emerge in fretta anche in bocca sebbene sia lo sento ancora abbastanza fresco.
Non facile, si beve sorso a sorso per questa sua struttura esuberante; anche quì fatichiamo a finirlo.
Purtroppo mi è capitato l’ultimo calice, con molto residuo, e non sono riuscito ad apprezzarlo fino in fondo.
Per l’ultimo concorrente in gara, Lynsolence Saint Emilion 2000, torniamo ancora sulla rive Droit.

Da uve 100% Merlot si presenta abbastanza limpido rosso rubino impenetrabile con bordo color mattone e  molto consistente.
Il naso è molto intenso, molto complesso e fine; particolare fin dal primo momento dove emergono chiari sentori eterei di smalto. Poi frutti rossi, frutta cotta e nota animale (pelliccia).
Grande struttura anche per questo Merlot che si rivela caldo ma con ancora una discreta freschezza. Abbastanza equilibrato, robusto e persistente presenta anch’esso la trama terrosa trovata nel Lych-Moussas.
E’ buono ma, come per i tre precedenti, un bicchiere sembra sufficiente. Forse non sono pronto per questi vini da “meditazione” o non sono sufficientemente preparato per apprezzarne l’elevata complessità e ricchezza di sapori e profumi.

Di contro, per fare un esempio, sebbene sia un prodotto completamente diverso, il Pergole Torte rimane complesso, poco immediato ma anche di grande bevibilità; idem per i due Saint Emilion di questa sera.
Sono le 23.00 circa adesso e abbiamo detto basta al cibo; è il momento della riffa!
La formula prevede l’estrazione a sorte di un’ulteriore bottiglia di ciascun vino degustato.
Sono stranamente fortunato e vinco Lynsolence. Un’altra possibilità per una degustazione più approfondita.

Le sorprese non terminano mai e infatti come guest star abbiamo il Sauternes Chateau Coutet 2003 da abbinare al pandoro farcito con crema al mascarpone e nutella e strudel alle mele.
Giallo dorato acceso questo Sauternes è intenso, complesso e abbastanza fine.
Vengono fuori miele, uva passa, sidro e una certa nota eterea.
Di buona freschezza e grande sapidità è giustamente dolce. Molto buono, robusto.
Bisogna andarci piano con il Sauternes…due bicchieri ed è mal di testa garantito; come dice Ciccio: “C’è più solforosa quà che in qualsiasi altra cosa al mondo”.
Credo abbia ragione; dopo un calice (scarso) e mezzo infatti avverto una “botta” di calore assurda e un incipit di mal di testa.
Ci vorrà una cascata d’acqua adesso!

Si ma, chi è il vincitore se così possiamo definirlo?
Il mio voto va ex aequo al Chateau Fonplegade Saint Emilion 2008 e al fuori concorso Chateau Moulot Saint Emilion 2006.

Tirando le somme è stata una grande serata. Ottima compagnia, varietà di pietanze e vini di prim’ordine hanno caratterizzato quest’apericena pre-natailizia.
Stiamo cercando di organizzarci presso qualche struttura in modo da allargare la cerchia degli inviti.
Chi fosse interessato può mandare email o contattarmi su Facebook. 
Restate sintonizzati 😉
Commenti e critiche sempre graditi.

P.S.
Per tutte le informazioni dettagliate sui vini e sull’organizzazione visitate il sito www.vindoo.it. Tra l’altro Michele si è occupato anche della (famosa per chi legge il blog) serata “Sparkling Wine” i cui dettagli trovate quì (ho dovuto dividere il post in tre parti, che vi invito a leggere d’un fiato)