E’ il tredici aprile, Gabriele, Felix ed io decidiamo di andare a visitare la cantina di Fausto Andi, a Montù Beccaria, Oltrepò Pavese. Ci presentiamo senza un appuntamento preciso, intorno alle undici e mezzo: conosciamo di persona Fausto, stretta di mano vigorosa, sguardo fiero. Ci premette di non poterci dedicare che pochi minuti: passeremo più di un’ora, invece, a domandare, ad ascoltarlo e a domandare ancora, assetati di sapere. Fausto non sembra un tipo da compromessi, va dritto al punto e non fa nulla per rendersi simpatico a tutti i costi. I suoi vini gli somigliano molto, per tecnica, per personalità e per autonomia. E’ proprio l’autonomia il carattere principale dell’uomo come dell’azienda, concetto sottolineato nel claim “L’autonomia non esclude l’armonia” ed in ciascuna bottiglia ove l’etichetta riporta la dicitura “Tu fai… e lasciali parlare”.

L’azienda ha origine alla fine del 1800 ed è giunto fino a Fausto Andi attraversando periodi a fasi alterne; lo stesso Fausto ci spiega le tecniche produttive fondate sul rispetto della tradizione: agricoltura biodinamica, no alla meccanizzazione, utilizzo di lieviti indigeni, nessuna chiarifica o filtrazione. Una delle parole d’ordine in azienda è vocazione. Fausto ci racconta di aver dovuto fare scelte dolorose ed espiantare tutto ciò che non era del territorio, che al territorio era stato imposto. E ci spiega il perché:
Secondo voi da dove derivano le malattie delle viti? Ve lo dico io: dal fatto che, seguendo una logica spesso unicamente commerciale, si impiantano varietà che non si adattano, non riescono a costruirsi le difese e soccombono alle malattie della vite, come nel caso della flavescenza dorata, piuttosto comune da queste parti”.
La filosofia della vocazione del territorio ha richiesto espianti di vitigni non adatti ma allo stesso tempo ha incoraggiato la riscoperta di vitigni storici, come la moradella, che Fausto vinifica ottenendone un vino di personalità.
Fausto ci spiega che la tradizione da sola non basta, occorre integrarla per il raggiungimento degli obiettivi moderni:
Un tempo si produceva vino per sopravvivenza, oggi si deve puntare all’eccellenza, ma senza vocazione non c’è eccellenza“. Prima di addentrarsi in dettagli tecnici, Fausto riprende il concetto dello sviluppo del lavoro in modo etico: “Senza etica – dice – non c’è sviluppo“.  Anche per etica nel 2012 il vino prodotto dall’azienda fu venduto sfuso, a causa dei danni provocati dalla grandine, che danneggiò i grappoli rendendoli non idonei alla produzione in bottiglia.  

Tre delle botti Garbellotto nella bottaia didattica di Fausto Andi

Entriamo quindi nella bottaia didattica di Fausto Andi: botti di dimensioni variabili, realizzate dal re delle botti, il compianto Pietro Garbellotto.
Il rapporto con il legno è fondamentale –spiega Fausto– Ho fatto preparare delle botti uniche al mondo, di forma tronco conica e costituite da quattro diversi ti pi di rovere: sono quanto di meglio si possa trovare per la prima fermentazione. Ogni botte tronco conica corrisponde a un solo vitigno, poiché studiata appositamente per valorizzare le caratteristiche del vitigno stesso”. 

  

La bottaia didattica di Fausto Andi
L’azienda punta molto ai monovitigno, perché nella ricerca dell’eccellenza è indispensabile ottenere un prodotto longevo “ed i blend secondo me – spiega Fausto – non hanno queste potenzialità“.
I numeri: quarantamila bottiglie all’anno, risorse indirizzate alla ricerca e al lavoro quotidiano, nessun investimento in pubblicità. Dice ancora Fausto: “Noi non vogliamo vendere immagine, vogliamo vendere il prodotto. Il sito che trovate sul web (http://www.andifausto.com/) è stato realizzato da alcuni miei amici, senza che io chiedessi loro nulla, ci tenevano molto“.

La sala degustazioni

La chiacchierata è finita, ciascuno di noi acquista alcune bottiglie pur senza degustare nulla, a fiducia: Fausto deve correre in vigna e non può dedicarci altro tempo; ce l’aveva detto: il lavoro prima di tutto. E la solidarietà: Fausto Andi promuove un progetto di assistenza per persone diversamente abili (detesto questa locuzione, introduce qualcosa o qualcuno che dovrebbe essere “diverso”, ma diverso non è): “Fuori dalla mischia”. Un progetto ambizioso e generoso il cui obiettivo è quello di applicare socialità ed autonomia. Autonomia, appunto.
Francesco Cannizzaro