Le passeggiate in Langa per chi proviene da Milano possono diventare con facilità un’abitudine piacevole anche per chi non è un appassionato di vino. 

I colori autunnali ed invernali, poi, conferiscono all’ambiente un’essenza quasi romantica che è impossibile non percepire: non voglio dire che è per questa connotazione che spesso mi metto in macchina e punto per Barolo, perché sarei un bugiardo. 
Vado in Langa per visitare cantine, mangiare bene, trovare qualche amico e misurarmi con il loro accento piacevole e inconfondibile, che scivola – a volte – in un dialetto a tratti incomprensibile.

Se a tutto ciò aggiungiamo – e qui lo ammetto – il tepore di una giornata inspiegabilmente calda, un cielo terso e un sole brillante beh, non vedo motivi per non rallegrarmi ulteriormente.
Ho vissuto, insieme a Gabriele, una di queste giornate. Ed abbiamo incontrato Gianpaolo Manzone, per tutti Paolo, di Cascina Meriame a Serralunga d’Alba. In realtà sulle prime ci ha ricevuto la gentile Luisella, che ha fatto gli onori di casa efficacemente supportata da Crack, detto anche Barolo, splendido ed affettuoso cagnolino di famiglia.

L’attività di Paolo è divisa in due strutture: l’azienda agricola nel Comune di Sinio e l’agriturismo di Cascina Meriame, dove ci siamo recati per incontrarlo. Meriame, inteso come cru, è nella zona di Serralunga rivolta verso Castiglione Falletto: si raggiunge risalendo la strada provinciale 125, sfiorando Parafada e Baudana. Mica micio micio bau bau. E c’è subito una cosa da sapere: Paolo è enologo e questo volenti o nolenti lo rende differente da altri produttori che l’enologo se lo devono andare a recuperare altrove.

Sapete qual è la prima cosa che ci ha detto Paolo, con i piedi ancora sull’uscio della cantina? “Il mio metodo è biologico e biodinamico, ma lo faccio senza  troppa pubblicità: lo faccio per me, la terra è mia, l’aria la respiro io. Solo rame e zolfo, non uso diserbanti.
Un biglietto da visita importante, cui ne sono seguiti altri: “L’ottanta perché cento del risultato lo si ottiene in vigna, c’è poco da fare. In cantina devi fare il minimo possibile, il minor intervento possibile“.
Paolo è un amante della Borgogna e ci racconta che i suoi tini, personalizzati su un suo progetto, sono ispirati a quelli visti lassù.  La produzione Manzone è venduta per il novanta per cento all’estero, in trentuno (trentuno!) paesi nel mondo. È un dato che mi ha fatto riflettere e che inizialmente, lo riconosco, mi ha fatto sorgere più di qualche dubbio non tanto sulla qualità tecnica dei vini che avrei provato, quanto sull’impostazione, sulla filosofia che li genera (giacché ogni vino che Bacco manda sulla Terra ha dietro una filosofia, persino il Gotto d’oro). Sbagliavo a dubitare.
Ogni tanto mi avventuro nell’enopolitica, ma questo non è l’articolo giusto per fare certe considerazioni. Lasciatemi solo dire che una percentuale alta di vendite fuori dall’Italia da parte di un buon produttore di vino non mi lascia generalmente presagire nulla di buono per il vino, né per l’Italia.
Torniamo a Paolo: la sua di filosofia ci è chiara già dopo le prime parole: la raccolta, per esempio, a mano con doppia selezione in vigna e in cantina. “Nelle barrique affiniamo solo il 50 per cento del vino, l’altro 50 per cento lo affino nella botte grande”. Tradizione, sì ma anche innovazione: “Da quest’anno su una piccola massa proviamo un affinamento per la riserva in anfora”.

In sala degustazione proviamo diversi vini; voglio soffermarmi su questi:

Magna Dolcetto d’Alba 2014 Cascina Meriame: colore tipico violaceo, nota ematica e terrosa, genuino e fresco.
Fiorenza Barbera d’Alba superiore 2013, naso franco appena sfiorato da nota legnosa, spaziatura misurata.

Luvì 2013 Langhe rosso: 80% nebbiolo 15% barbera, 5% dolcetto: bel colore brillante, creato con l’intento di fare un vino nebbioleggiante ma con maggiore facilità di beva. Bottiglie numerate.

Barolo di Serralunga d’Alba 2011: naso delicato ed ipnotico, cangiante e raffinato. Ingresso morbido ma il tannino è comprensibilmente in fase di integrazione. Da aspettare.
Finita la visita ci congediamo con un languorino, che una trattoria poco lontana da Cascina Meriame si prenderà cura di placare. 
Belle le Langhe, così lontane, così vicine: tornando in città ho sempre voglia di riprogrammare un’altra gita, cosa che effettivamente ho fatto. A presto, Langhe!